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Quanti e Ornitorinchi – spunti sul dualismo onda-particella

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teoria del tutto
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Re: Quanti e Ornitorinchi – spunti sul dualismo onda-partice

Messaggio da teoria del tutto » 08/09/2015, 3:48

Forse ho sbagliato termine di paragone.paragonando un'onda sferica alle onde del mare.era per farmi capire in piano una rapresentazione sferica.ma le onde del mare hanno tre dimensioni ,altezza,lunghezza,e larghezza(forse trascurate la larghezza?sapete al mare mancavo sempre le onde per la larghezza del'onda).
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Re: Quanti e Ornitorinchi – spunti sul dualismo onda-partice

Messaggio da francesco.aliotta » 08/09/2015, 6:28

ma le onde del mare hanno tre dimensioni ,altezza,lunghezza,e larghezza

Hai letto ed hai provato a comprendere quello che ti ho scritto? L'altezza non è una dimensione dell'onda: è l'onda. E l'onda sulla superficie del mare ha solo due dimensioni. Non esiste il minimo dubbio su questo punto!
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Re: Quanti e Ornitorinchi – spunti sul dualismo onda-partice

Messaggio da francesco.aliotta » 08/09/2015, 7:05

Aspie96
Ciò, è interessante perché, filosoficamente, si potrebbe dire che esistono modi diversi di rappresentare un campo matematico che varia nel tempo (ad esempio, potrei usare una scala di colori su una superficie piana) e il mare rappresenta il campo bidimensionale tramite una struttura a tre dimensioni.

Questo è sicuramente vero, ed è ciò che si fa spessissimo. Rappresentare un campo associando colori diversi o a gradazioni di grigio consente di vedere immediatamente strutture che altrimenti sarebbero difficilmente evidenziabili. Ad esempio, vengono immediatamente evidenziate le zone di iso-livello dato che hanno lo stesso colore. Un altro esempio che sicuramente ti è noto sono le figure generate per rappresentare l'insieme di Mandelbrot. Quelle strane figure non sono altro che la rappresentazione a colori del campo di velocità (la velocità con cui il processo iterativo in azione fornisce dati numerici che si avvicinano o si allontanano dall'attrattore locale). Se la tua mappa rappresenta un campo gravitazionale o un campo coulumbiano le isolinee ti mostrano immediatamente le linee di forza. La forza che agisce su un oggetto immerso in un campo è in ogni punto dello spazio perpendicolare alle superfici di iso-livello.

La seconda parte della frase evidenziata non mi è molto chiara. Credo che tu non abbia problemi a capire cos'è un campo. Credo che sia un concetto che ti è familiare. Semplicemente, forse non è venuta bene la frase.
Comunque, giusto per evitare ogni possibile ambiguità, provo a ridirla io.
Il piano su cui viene rappresentato il campo è la superficie media del mare che, localmente, possiamo approssimare con il piano (x,y). In ogni istante, il campo è rappresentato dall'altezza locale dell'onda, che è una funzione di x ed y, la scriviamo A(x,y).
Quindi la rappresentazione è sempre tridimensionale, ma il campo A(x,y) è bidimensionale. Se vogliamo descrivere come varia il campo nel tempo dobbiamo fare un'ulteriore passo. Ed otteniamo una nuova funzione che chiamiamo O(x,y,t). Questa è l'onda ed è, se vuoi, rappresentata da una struttura quadridimensionale anche se l'onda è tridimenionale (due dimensioni spaziali ed una temporale). Nella risposta a "teoria" ho scritto che l'onda ha due sole dimensioni perchè lui parlava solo delle dimensioni spaziali e non mi sembrava utile complicare le cose.

Se è un concetto nuovo che si vuole definire (può capitare in matematica, ma anche in altre discipline), allora vale la pena di scegliere un termine totalmente nuovo (o, per lo meno, non appartenente al vocabolario di quella disciplina).

Sono d'accordo con te che la discussione può divenire interessante. Ti prometto che ci tornerò su. Al momento devo fermarmi.
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Re: Quanti e Ornitorinchi – spunti sul dualismo onda-partice

Messaggio da Aspie96 » 08/09/2015, 7:48

francesco.aliotta ha scritto:La seconda parte della frase evidenziata non mi è molto chiara. Credo che tu non abbia problemi a capire cos'è un campo. Credo che sia un concetto che ti è familiare. Semplicemente, forse non è venuta bene la frase.

Sì, ho chiaro che cos'è un campo.
Quello che intendevo è che fra le varie rappresentazioni possibili di un campo (e delle onde), una è il mare. Quindi, in un certo senso, è come se il mare si impegnasse a rappresentare un campo.
Ma ok, stavo divagando.

francesco.aliotta ha scritto:Quindi la rappresentazione è sempre tridimensionale, ma il campo A(x,y) è bidimensionale.

Questo è chiarissimo.
Ciò che trovo affascinante (ed è un concetto che ho utilizzato anche in altri ambiti, tra cui un tema di italiano), è che non è la matematica ad essere una buona rappresentazione dell'universo, ma l'universo ad essere una buona rappresentazione della matematica.
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Re: Quanti e Ornitorinchi – spunti sul dualismo onda-partice

Messaggio da francesco.aliotta » 08/09/2015, 18:17

Ciò che trovo affascinante (ed è un concetto che ho utilizzato anche in altri ambiti, tra cui un tema di italiano), è che non è la matematica ad essere una buona rappresentazione dell'universo, ma l'universo ad essere una buona rappresentazione della matematica
.
Questa tua riflessione è sicuramente interessante, almeno da una prospettiva filosofica.
Appena l’ho letta mi è venuto in mente un articolo scritto da E. Wigner nel 1960 e, per l’appunto, intitolato The Unreasonable Effectiveness of Mathematics in the Natural Sciences.
Wigner era un fisico, ma credo che tu lo sappia (se hai pensato di svolgere un tema su questo argomento è molto probabile che tu abbia letto già qualcosa sul dibattito che ne è scaturito). Non credo che valga la pena, almeno al momento, aggiungere altro sul contenuto specifico dell’articolo. Chiunque sia interessato può trovare diverse notizie già su Wikipedia e trovare una guida a possibili ulteriori letture.
Quindi mi limito a dare la mia personalissima visione del problema.
Io credo che l’irragionevolezza sia solo apparente. E non credo che la tua ipotesi, cioè che l’Universo sia una buona rappresentazione della matematica, possa fornire una risposta definitiva.
Almeno se le tue parole vengono prese alla lettera.
Cerco di spiegarmi al meglio. La matematica, così come la vedo e la vivo io, è semplicemente un linguaggio. E’ un linguaggio, sofisticato quanto vuoi, ma sempre di una creazione umana si tratta. E’ fuorviante ritenere che la matematica sia un oggetto platonico, nel senso che le sue verità esistono di per se e aspettano solo di essere scoperte. Questa idea è suggerita dal fatto che spesso nuovi teoremi vengono generati sulla base di postulati già esistenti. Quando ciò avviene è certamente vero che il nuovo teorema è stato scoperto e non inventato. E’ una conseguenza logica dei postulati già esistenti. Sarà probabilmente stato un lavoro duro produrre tutta la serie di concatenazioni logiche che lo hanno generato. Ma si tratta inequivocabilmente di una conseguenza inevitabile dei postulati originali. Da un punto di vista rigoroso, enunciare i postulati è sufficiente. Tutto ciò ridurrebbe la Matematica ad una tautologia.
Ma, ovviamente, questa non è una visione della matematica credibile. Spesso l’atto creativo produce nuovi postulati e, di conseguenza, produce nuovi teoremi e nuova matematica. La matematica non è un oggetto statico ma, come tutti i linguaggi, si evolve nel tempo per rispondere alle esigenze del suo creatore.
Ti faccio un esempio ovvio. Se utilizzo le normali regole dell’aritmetica formulate in origine per sopperire alle esigenze dei numeri reali, la radice quadrata di un numero negativo non dovrebbe esistere. La matematica che è stata creata è già completa di per se. Ad esempio, i numeri reali costituiscono un campo.
Un campo è una struttura algebrica, il che vuol dire semplicemente che, una volta definite le operazioni di somma e di prodotto con i rispettivi elementi neutri (0 ed 1), e una volta definite le funzioni inverse (l’opposto e l’inverso di un numero arbitrario) sono in grado di produrre ogni immaginabile numero reale.
Ma poi è risultato necessario (non solo per motivazioni puramente matematiche) introdurre ciò che era vietato: la radice quadrata di -1. Il numero i non è stato scoperto. E’ stato inventato! La matematica esistente non lo consentiva. Una volta creato, la conseguenza inevitabile è che è stato creato un nuovo campo: quello dei numeri complessi. E con essi tutta una nuova matematica con nuovi teoremi inconcepibili senza l’aver postulato i.
E potremmo fare innumerevoli altri esempi che ci suggeriscono come non sia vero che la matematica sia un oggetto puramente platonico. Moltissime cose devono essere inventate, non sono lì ad attendere di essere scoperte.
E non le scopri nemmeno nel mondo fisico. Non è irragionevole che il mondo fisico rispecchi la matematica. Questo fatto, apparentemente irragionevole, rispecchia perfettamente la prospettiva da cui noi osserviamo l’Universo. Noi cerchiamo nell’Universo quelle che appaiono regolarità. Ci serve mettere in luce queste regolarità. Senza regolarità noi sapremmo che farcene delle osservazioni che facciamo. Ogni legge fisica che viene formulata non è altro che il risultato della nostra sintesi mentale che raggruppa eventi singoli entro una categoria ben definita. Questo è estremamente utile (per noi umani, almeno) perché ci consente di ridurre la complessità dell’Universo ad una serie limitata di casi generali. Senza questa sintesi la descrizione mentale dell’Universo che cercheremmo farci si ridurrebbe ad un elenco infinito di casi particolari. Quindi ci troveremmo nell’impossibilità di ottenere alcun risultato pratico. L’esperienza accumulata non ci direbbe nulla su ciò che non abbiamo ancora sperimentato. Per fare la sintesi necessaria affinchè il nostro cervello possa contenere tutte le informazioni necessarie noi dobbiamo porre l’attenzione su ciò che appare regolare. Il che significa che dobbiamo porre l’attenzione sulle simmetrie che riusciamo a vedere. La definizione di campo matematico che, in maniera abbastanza rudimentale, ho dato prima non è altro che una definizione di simmetria (in senso astratto, non necessariamente geometrico). Le operazioni elementari che generano il campo costituiscono quello che si chiama un gruppo. E il gruppo non fa altro che definire le simmetrie del campo.
Ed ecco come, almeno a me, appare evidente perché la matematica e la descrizione fisica che noi abbiamo prodotto dell’Universo appaiano congruenti. Non è che l’Universo sia matematico. Siamo noi che dell’Universo andiamo a cercare le possibili simmetrie per ricondurre il quadro all’interno del nostro linguaggio. L’Universo, dal canto suo, se ne frega della nostra visione e non gli interessa affatto di essere matematico. Tant’è che siamo ben lontani dall’averlo compreso. E per comprendere qualcosa in più dovremmo nuovamente inventare della nuova matematica che produca nuove simmetrie da adattare a fenomeni che, al momento, non ne hanno una chiara e quindi non riusciamo a razionalizzare.
Le simmetrie che apparentemente esistono nell’Universo in realtà appartengono solo alla nostra mente. Spesso è la nostra mente che le crea utilmente ma artificialmente. Ad esempio, quando Newton creò la sua visione dell’Universo lo fece mettendo in luce tutto ciò che era coerente con la matematica che aveva a disposizione, cioè con quello che lui poteva comprendere. Nel far ciò, inevitabilmente, trascurò un sacco di cose ritenendole irrilevanti (o non notandole affatto). Così la struttura del suo spazio-tempo è quadridimensionale ma è euclidea. Le sue leggi sono quelle che sono e non avrebbero potuto mai essere altre perché sono formulate in uno spazio-tempo che è euclideo. La distanza tra due punti nel suo spazio-tempo (quella che si chiama la metrica) è immediatamente riconducibile al teorema di Pitagora. Ora, la struttura dello spazio tempo, se vuoi è il reticolo della carta millimetrata su cui lui ha disegnato il suo quadro dell’Universo. Con quella carta millimetrata non puoi fare nulla di diverso. Il suo quadro funzionava per tantissime cose. Ma lasciava problemi insoluti. Cioè ci si trovava dinanzi a fenomeni incoerenti con la matematica. E’ sempre un problema di simmetrie. La metrica dello spazio-tempo definisce le sue simmetrie. E l’Universo rispetta solo approssimativamente, in alcuni casi, quelle simmetrie.
Quando sono state scoperte (o inventate) le geometrie non euclidee è divenuto possibile disegnare una nuova carta millimetrata, lo spazio-tempo relativistico, con nuove simmetrie (una metrica iperbolica). E le nuove simmetrie hanno consentito di razionalizzare (sintetizzare) fenomeni prima non razionalizzabili. Ma ciò non deve farci credere che l’Universo abbia veramente quelle simmetrie. Se fosse così avremmo compreso tutto! Non possiamo pensare che la carta millimetrata iperbolica sia lo strumento risolutivo. Non lo è affatto. E non avremo mai lo strumento risolutivo (Godel). Avremo sempre bisogno di nuova matematica per razionalizzare nuove cose.
Il discorso è già divenuto lunghissimo. In sintesi, io direi che l’Universo Fisico (nel senso dell’Universo descritto dalla Fisica) è coerente con la Matematica (oggi disponibile). Ma dire che l’Universo in toto si comporti coerentemente con una Matematica Totale (che, personalmente, non riesco nemmeno ad immaginare cosa possa essere) mi pare un salto logico arbitrario.
Noi riusciamo a descrivere con il linguaggio e a condividere con gli altri umani le nostre descrizioni solo le cose che riusciamo a comprendere con la nostra logica. La Matematica è il linguaggio della nostra logica e quindi non mi pare così strano che l’Universo che comprendiamo (solo quello!) sia descrivibile matematicamente.

Mi permetto di puntualizzare (ha l'aria di qualcosa che diventerà un'ampia discussione indipendente. Se succederà, agirò con uno split) che è possibile e, in alcuni particolari contesti (più filosofia che fisica, però), utile, ridefinire dei vocaboli.

Torno brevissimamente al punto che hai proposto (e che merierebbe di essere approfondito). Spesso sono coniati dei nuovi vocaboli o vengono prese parole che di per sé sono prive di significato per dargliene uno nuovo.
Quark è un esempio. In casi come questi occorre dare la definizione ma non ci sono ambiguità. Se ti parlo di quark e tu non sai cosa siano tu non mi capisci. Ma capisci di non capire e non mi fraintendi. Magari mi fai domande.
Spesso si usano altre parole. Ad esempio, restando ancora ai, quark si parla di sapore o di colore. E’ ovvio che qui occorra stare molto attenti perché ad un interlocutore ingenuo potrebbero essere suggeriti significati mutuati dal linguaggio ordinario.
Queste ambiguità si possono generare anche all’interno del linguaggio scientifico. Ad esempio, in questo post ho parlato di campi in senso matematico. Ma in un altro post recente abbiamo discusso di campi in senso fisico. La parola utilizzata è la stessa, ma i due significati cambiano al cambiare del contesto. Se non si chiariscono prima i significati all’interno del contesto, non ci si comprende nemmeno restando in ambito scientifico.
Poi esiste anche il caso inverso. Spesso alcune parole vengono mutuate dal linguaggio scientifico e traslate nel linguaggio ordinario. Questo è un caso ancora più pericoloso perché crea le peggiori ambiguità. L’interlocutore non scientifico apprende ad utilizzare quel vocabolo in un contesto non scientifico. Ma sa che quel vocabolo viene dal mondo scientifico e crede che quello ordinario sia il significato di quel vocabolo. Quando lo utilizzi con lui dando al vocabolo il significato scientifico avviene spesso un feedback pericoloso che causa enormi fraintendimenti. La parola “quanto” credo possa essere un buon esempio di ciò.
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Re: Quanti e Ornitorinchi – spunti sul dualismo onda-partice

Messaggio da Aspie96 » 09/09/2015, 17:39

Mi scuso per non aver risposto prima (non ho davvero una scusa).

francesco.aliotta ha scritto:Wigner era un fisico, ma credo che tu lo sappia

E invece no XD

francesco.aliotta ha scritto:La matematica, così come la vedo e la vivo io, è semplicemente un linguaggio.

Ci sono grandi dibattiti filosofici su che cosa sia la matematica (so che lo sai, non ti serve esplicitarlo) e sulla distinzione fra matematica e linguaggio matematico (sono la stessa cosa oppure no?).

Condivido due video sull'argomento (sfortunatamente entrambi in inglese):
[youtube]1EGDCh75SpQ[/youtube]
[youtube]TbNymweHW4E[/youtube]

Il primo è un video relativo ai numeri, non alla matematica, ma si possono applicare gli stessi criteri (sostituendo la parola "numeri" con parola "matematica").
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Re: Quanti e Ornitorinchi – spunti sul dualismo onda-partice

Messaggio da francesco.aliotta » 09/09/2015, 23:50

Condivido due video sull'argomento

Ho guardato i due video che hai postato. Non sono fatti male e direi che danno bene un'idea della situazione.
Hai notato che il secondo tira in ballo Wigner proprio all'inizio?
Comunque, come vedi c'è un dibattito aperto ed esistono almeno due posizioni (e poi, come sempre accade in questi casi, esistono diverse possibili posizioni collacate a metà strada).
Se ne hai voglia, potrebbe anche essere interessante una lettura di questo testo che è disponibile sul web:
http://plato.stanford.edu/entries/fictionalism-mathematics/


Comunque, dobbiamo sempre tenere presente che stiamo parlando di Filosofia della Matematica e non di Matematica. E quindi non possiamo sperare di trovare esposizioni risolutive ma solo questioni aperte e punti di vista differenti.
Capitano anche cose che appaiono strane. Ad esempio, Godel sposa una visione platonica della matematica. Questa e una cosa che io (ovviamente moltissimi non saranno d'accordo con me) trovo strana perchè è platonico proprio chi ha dimostrato l'incompletezza della matematica. L'incompletezza della Matematica implica che, come abbiamo discusso in altri post, esista all'interno della Matematica la proposizione indecidibile. Ma questa, per Godel stesso, è una proposizione indecidibile solo all'interno del sistema formale che chiamiamo Matematica. Ma poi, in linea di principio, è possibile creare un altro sistema formale, una meta-matematica, in cui quella proposizione diviene una proposizione di cui è possibile decidere il valore di verità. Ma anche in questo sistema formale esisterà, per definizione, un'altra proposizione indecidibile. Ed ecco che occorrerà creare una meta-meta- matematica...e così via. Ognuna di queste meta-meta-----meta.matematiche sarà un sistema formale, cioè un sistema logico. Ora, se la Matematica esiste oggettivamente (in senso platonico) ne dovrei dedurre l'esistenza oggettiva di tutte queste infinite meta-meta----meta-matematiche. Ognuna di queste, nome a parte, non è in verità che una sorta di Matematica, in senso generale. Dobbiamo credere che esistano oggettivamente tutte queste infinite Matematiche annidate? Il problema che io vedo è che tutte queste MAtematiche non le puoi ricondurre ad un numero finito di assiomi, cosa che la Matematica richiederebbe per definizione stessa di sistema formale, quale essa è. Ogni nuova meta-Matematica richiederà almeno l'introduzione di un nuovo assioma. L'annidamento infinito richiede quindi un numero infinito di assiomi. Questo significa che l'annidamento infinito di sistemi formali finisce per non essere più un sistema formale (nel senso di un sistema basato su un numero finito di assiomi). Ecco 'perchè non mi pare che la Matematica non possa avere un'esistenza oggettiva. E' questo regresso all'infinito (possibile solo da immaginare come costrutto mentale) che mi porta a considerare la Matematica come una pura astrazione mentale. Cosa che per me, in questa prospettiva, non ha nulla a che vedere con il fatto che la Matematica sia vera o falsa. Io vedo solo proposizioni che possono essere decidibili o no entro un determinato meta-livello. Parlare della verità della Matematica è una cosa che mi appare matematicamente priva di senso. Certo, la discussione sul punto ha senso a livello filosofico, che significa a un meta-livello più alto di ogni immaginabile matematica. Ma il fatto che esistano opinioni diverse è indice del fatto che anche a livello filosofico la decisione finale non sia possibile. Forse serve una meta-filosofia? Non lo so e, a questo punto mi pare proprio di aver esagerato con in meta-livelli.
Ovviamente, questa rimane una mia visione, ed io non sono nemmeno un matematico. Quindi non so nemmeno che valore oggettivo possa avere la mia riflessione. Per quanto mi riguarda, la Matematica rimane uno strumento di lavoro e un linguaggio per comunicare in maniera meno ambigua possibile. Dalla mia ottica, la domanda "è vera la matematica?" non ha più senso della domanda "è vero l'Italiano?".

Ci sono grandi dibattiti filosofici su che cosa sia la matematica (so che lo sai, non ti serve esplicitarlo) e sulla distinzione fra matematica e linguaggio matematico (sono la stessa cosa oppure no?).


Qui non so che dirti esattamente. Sinceramente non capisco come sia possibile fare una distinzione.
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