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Paradosso dei gemelli

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Martianbuddy
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Re: Paradosso dei gemelli

Messaggio da Martianbuddy » 31/03/2015, 14:22

francesco.aliotta ha scritto:Un'altra prospettiva valida, forse anche più condivisibile, è quella opposta. Cioè quella secondo la quale il presente, che sarebbe un'istante di durata nulla, per definizione non esiste.

Si mi trovi d'accordo guarda

francesco.aliotta ha scritto:Se ci pensi bene, dovresti renderti conto che ogni tuo ragionamento, per definizione, è costituito da una successione di tuoi stati mentali diversi. Ogni tuo ragionamento non è mai istantaneo, si protrae nel tempo. In questa prospettiva parlare di "ragionamenti presenti" non ha alcun significato. A meno di non dare alla parola "presente" il significato di "periodo di tempo durante il quale si è svolto il tuo ragonamento"

Si, davo quel significato per semplificare e non dilungarmi nelle precisazioni, comunque concordo pienamente con quello che dici, il prossimo passo del mio ragionamento sarebbe proprio stato il fatto che ti avrei detto che neanche il presente esiste secondo me... immagino che siano tutte cose che sai da una vita, ma per uno come me che ragiona e basta, arrivare a queste deduzioni non è cosa da poco. Comunque sono pienamente d'accordo...

francesco.aliotta ha scritto:In questo senso, ritenere che possa esistere solo il presente mi sembra una conclusione non supportata da alcun ragionamento logico. A me pare logicamente più accettabile il ragionamento di chi sostiene che il presente non esiste.

Ripeto, sono d'accordo con te... il mio era una semplificazione che avrebbe portato al fatto che secondo me neanche il presente esiste...

francesco.aliotta ha scritto: Il tempo necessario perchè tu ti accorga del pugno richiede qualcosa meno di 1/10 di secondo, ma non molto meno. Tu ti accorgerai del pugno solo dopo 1/10 di secondo che il pugno ha impattato sul tuo naso. Qual è il presente secondo te? Il momento in cui te ne accorgi? Oppure, il presente relativo al pugno è collocato 1/10 di secondo nel passato rispetto al tuo tempo mentale?

Me ne accorgo quando me ne accorgo, ed il pugno lo ho ricevuto quando lo ho ricevuto. Ovviamente queste due cose non avvengono insieme... quindi il presente relativo al pugno è 1/10 di secondo nel passato rispetto a quando me ne accorgo.

francesco.aliotta ha scritto:Potrebbe sembrare che il primo problema ed il secondo (quello della freccia) siano lo stesso problema. Per certi versi è vero. Ma l'approccio è sottilmente differente. Nel primo caso parliamo di immagini mentali. Nel secondo caso parliamo invece di effetti oggettivi che stanno dietro le immagini mentali.

Si, noto la differenza. E non è sottile per niente... è enorme...

francesco.aliotta ha scritto:Fisicamente invece i diversi istanti di tempo sono associati a diverse configurazioni dell'Universo. Da questa prospettiva nasce la tua idea che il tempo sia il cambiamento. Come ho cercato di dirti, il tempo non è il cambiamento ma, senza ombra di dubbio è connesso al cambiamento.

Ecco, qui so cercando di capire bene cosa mi hai detto. Lo so che lo hai più che spiegato, ma sto cercando nella mia mente di distinguere il cambiamento con il tempo, ma ancora ho un po' di difficoltà in questo (piano piano ce la faccio però).
Potresti spiegarmi diversamente ciò che mi hai già spiegato? Riguardo la differenza tra tempo e cambiamento? Piano piano capisco, abbi pazienza, non è facile cancellare ciò che si sapeva ed imparare da capo, ma lo sto facendo.

Per il topic è vero, non stiamo parlando più del paradosso dei gemelli, ma stiamo comunque parlando del tempo, non di un incontro di tennis o una partita di calcio, quindi penso che possiamo proseguire.
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Re: Paradosso dei gemelli

Messaggio da francesco.aliotta » 31/03/2015, 17:38

Potresti spiegarmi diversamente ciò che mi hai già spiegato? Riguardo la differenza tra tempo e cambiamento? Piano piano capisco, abbi pazienza, non è facile cancellare ciò che si sapeva ed imparare da capo, ma lo sto facendo.


Provo a spiegarmi. Ma ti premetto che sto proponendoti una risposta che mi pare così semplice da farmi pensare che potrei non aver compreso il tuo dubbio. Comunque, ci provo. Se la tua domanda era un'altra, prova a farmi capire meglio ed io proverò a darti la risposta che cerchi.
Al momento, limitiamoci ad un esempio semplice, parlando solo di movimenti così evitiamo di utilizzare concetti più astratti come quello di entropia o altri.
Immagina di scattare due fotografie di una parte dell'Universo (nel nostro esempio possiamo fare a meno di considerare la totalità dell'Universo, il succo del discorso non cambia).
Immagina che nelle tue due fotografie vengono inquadrate alcune stelle (che ti appariranno fisse) ed un pianeta. Le tue foto le scatti da un'astronave che, per comodità, diciamo che è immobile rispetto alle stelle fisse. Questo significa che sto osservando la mia porzione di Universo da un sistema che è solidale con quelle che sto chiamando "stelle fisse".
Ora confrontiamo le due foto. Vedrò che le immagini delle stelle in una foto si sovrappongono esattamente con quelle nella seconda foto. Il pianeta, invece, occuperà due posizioni diverse nelle due foto. Questo mi dice che, nel tempo intercorso tra una foto e l'altra qualcosa è cambiato nell'Universo: il pianeta si è spostato da una posizione all'altra. Io posso misurare la distanza tra le due posizioni nelle due immagini. Se conosco la distanza a cui si trova il pianeta e conosco l'ingrandimento fornito dalla mia ottica, diviene immediato calcolare di quanto si è spostato il pianeta. Lo spostamento del pianeta tra le due immagini è l'unico cambiamento che è avvenuto nella porzione di Universo che ho osservato. Questo cambiamento, come abbiamo detto, si riduce ad uno spostamento del pianeta. E' una quantità che si esprime in chilometri, cioè è una distanza o, se preferisci, una misura di un cambiamento spaziale. Ma non è un tempo! Un tempo si misura in secondi. Perchè non può essere un tempo? Non può essere un tempo perchè per collegare lo spostamento, o il mutamento, che ho osservato ad un tempo a me occorrerebbe sapere a che velocità si è mosso il pianeta. Ma io, al momento, non lo so. Cosa mi serve sapere per avere informazioni sul tempo? Mi serve conoscere l'intervallo di tempo trascorso tra lo scatto della prima immagine e della seconda immagine. Questo tempo, lo devo misurare con un'osservazione diversa ed indipendente dall'osservazione dello spostamento del pianeta. Potrei, ad esempio, aver avviato un cronometro al momento del primo scatto per azzerarlo al momento del secondo scatto. Ora posso utilizzare questa informazione, combinarla con lo spostamento misurato e finalmente posso calcolare a che velocità si muove il pianeta. Ti ho descritto una procedura in cui lo spazio (cioè il mutamento, nel nostro caso) ed il tempo sono trattati come variabili indipendenti e fondamentali. La velocità è invece una variabile che è dipendente dalle altre due e che, non ha unità di misura sue proprie (non è una grandezza fondamentale). Questo dovrebbe chiarirti perchè il tempo ed il mutamento osservato sono due cose diverse.
Ora potrei ribaltare la situazione. Ora so a che velocità viaggia il pianeta. Scatto altre due foto, senza curarmi di utilizzare il cronometro, quindi senza curarmi di misurare il tempo. Dalle due foto determino, così come ho fatto prima, di quanto si è spostato il pianeta. Come prima, non saprò ancora nulla sul tempo. Ma ora so qualcosa che prima non sapevo: so a che velocità viaggia il pianeta. Se so a che velocità viaggia il pianeta posso determinare quanto tempo ha impiegato per spostarsi dal punto iniziale a quello finale. Ora sto utilizzando il moto del pianeta per determinare dal cambio di posizione, cioè dal mutamento, il tempo. Ma farei un errore se pensassi che lo spostamento del pianeta, il mutamento osservato, è il tempo. Per calcolare il tempo io ho necessità di un'altra informazione. Devo conoscere la velocità del pianeta. Questa informazione io la ho perchè l'ho ottenuta precedentemente da una misura indipendente. Di nuovo, il mutamento osservato non è il tempo. Anche questa volta il mutamento non mi direbbe nulla. Io posso utilizzare il mutamento, lo spostamento del pianeta, come orologio. Su questo non vi è dubbio. Ma questo lo posso fare solo perchè una misura precedente mi ha consentito di calibrare l'orologio. L'orologio, senza una calibrazione, cioè in assenza di una misura che mi dica, indipendentemente, a che velocità si muove l'orologio, non mi dice assolutamente nulla sul tempo. In sintesi, non è dal movimento degli orologi, cioè dal loro mutamento, che tu estrai le informazioni sul tempo. Le informazioni le puoi estrarre solo se l'orologio è stato calibrato precedentemente, cioè se hai precedentemente utilizzato una procedura che ti consente di legare il mutamento al tempo. Ora, il campione che usi per la calibrazione è arbitrario. Il campione che utilizzi deriva sicuramente da un movimento. Ma non è un movimento qualsiasi. E' un movimento ripetitivo e periodico. Cioè un movimento che avviene con modalità costante. Potresti pensare di utilizzare come campione il movimento di una pianeta che orbita intorno al suo sole. E potresti pensare di utilizzare come campione di tempo il tempo che impiega il pianeta a chiudere un'orbita. Questo campione di tempo è ovviamente arbitrario e puoi dargli il nome che preferisci. L'importante è che, da questo momento in poi, tu continui ad utilizzare questo campione per calibrare tutti gli orologi che ti verrà in mente di costruire. Solo dopo questa calibrazione potrai dire che i tuoi orologi misurano il tempo! Senza calibrazione sono oggetti che si muovono, magari di movimento periodico, ma non sono in grado di misurare nulla. Spero che così possa essere chiaro perchè, anche se tu usi i mutamenti per misurare il tempo, il mutamento in quanto tale non ha nulla a che vedere col tempo.
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Re: Paradosso dei gemelli

Messaggio da Martianbuddy » 01/04/2015, 14:43

Iu
Ultima modifica di Martianbuddy il 01/04/2015, 14:50, modificato 1 volta in totale.
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Re: Paradosso dei gemelli

Messaggio da Martianbuddy » 01/04/2015, 14:49

Ti sei spiegato benissimo, grazie. Si più o meno era questo che volevo capire.
Ora dimmi una cosa: il nostro concetto di ora deriva da un meccanismo ciclico del nostro pianeta che ruota intorno al proprio asse ed intorno al sole, ed in base a quello abbiamo diviso la giornata in ore, giusto?

In base a quello che mi hai detto, il tempo quindi è solo una nostra misura, che ci permette di tenere conto di quante volte accade il nostro meccanismo ciclico preso come riferimento standard in un intervallo di avvenimenti A-B, giusto?

Questo non ha a che vedere con il cambiamento di per sé, anche se ne è fortemente connesso, ma serve per vedere a che velocità avvieene un cambiamento rispetto al modello di misura standard creato ed utilizzato, quindi il tempo non misura il cambiamento come tale, ma la velocità con la quale i cambiamenti avvengono, ho capito male?

Detto questo, la quantità di cambiamento effettiva della materia (qualsiasi cosa) come si misura? Nell'esempio tuo dei pianeti, lasciando stare il tempo, come misuro la quantità di cambiamento in quell'universo? Quale è l'unità di misura standard del cambiamento?
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Re: Paradosso dei gemelli

Messaggio da francesco.aliotta » 01/04/2015, 16:32

Ora dimmi una cosa: il nostro concetto di ora deriva da un meccanismo ciclico del nostro pianeta che ruota intorno al proprio asse ed intorno al sole, ed in base a quello abbiamo diviso la giornata in ore, giusto?

Per quanto riguarda la prima parte si, almeno alle origini. Poi, quando siamo divenuti un po' più fini (cioè abbiamo cercato di raggiungere precisioni elevate) ci siamo resi conto che la rotazione della Terra è meno regolare di quanto si supponesse e si sono cercati campioni più rigorosi. Per quanto riguarda la divisione della giornata in 24 ore si stratta di una scelta ovviamente arbitraria. E' inutile, al momento, raccontarti tutta la storia e dirti perchè le ore sono 24. Diciamo che adottiamo la scelta fatta dagli antichi Egizi. La divisione dell'ora in 60 minuti e del minuto in 60 secondi è invece un'eredità dei Sumeri e dei Babilonesi. Discende da quello che era il loro sistema di numerazione, fondato su una base sessagesimale. Gli astronomi hanno continuato ad utilizzare quel sistema numerico, da Tolomeo a Copernico e quindi, se vuoi per consuetudine, noi continuiamo ad utilizzare quel sistema per il computo del tempo. Giusto per curiosità, oggi il campione standard di riferimento per il tempo, quello su cui sono calibrati tutti gli orologi, è un oscillatore atomico al cesio. La definizione di secondo, oggi, è il tempo che occorre a quell'oscillatore per compiere 9192631770 oscillazioni. Minuti, ore e tutte le altre cose sono definite di conseguenza.

In base a quello che mi hai detto, il tempo quindi è solo una nostra misura, che ci permette di tenere conto di quante volte accade il nostro meccanismo ciclico preso come riferimento standard in un intervallo di avvenimenti A-B

Non esattamente. L'unità di tempo è definita in base al campione. Quindi non misura il campione. Poi, il campione viene utilizzato come strumento di misura o di calibrazione per misurare il tempo di qualsiasi altro fenomeno, sia esso ciclico o no. Quindi il tempo non è una nostra misura. E' qualcosa che noi misuriamo. Quindi il presupposto è che il tempo, qualunque definizione vogliamo darne, è qualcosa che esiste indipendentemente dalla nostra misura e dal nostro campione. Se non esistesse oggettivamente non sarebbe misurabile.

Questo non ha a che vedere con il cambiamento di per sé, anche se ne è fortemente connesso, ma serve per vedere a che velocità avvieene un cambiamento rispetto al modello di misura standard creato ed utilizzato, quindi il tempo non misura il cambiamento come tale, ma la velocità con la quale i cambiamenti avvengono, ho capito male?

Non è un discorso estremamente rigoroso, ma è accettabile. E' un po' ciò che ti ho detto io, perdendo un po' di rigore per cercare di riuscire a farmi capire. Direi che, almeno per il momento, puoi accontentarti di questa definizione operativa. E' sostanzialmente corretta ma non è molto diversa da quello che ti ho detto qualche post fa: il tempo è ciò che misurano gli orologi. Se analizzi bene le frasi che ci siamo scambiati e levi tutto ciò che è superfluo, vedrai che ti rimane solo questo. E' ovvio che si tratti di una definizione operativa. Non dice molto sulla natura del tempo se non che c'è qualche collegamento con quelli che tu chiami "cambiamenti".
Detto questo, la quantità di cambiamento effettiva della materia (qualsiasi cosa) come si misura? Nell'esempio tuo dei pianeti, lasciando stare il tempo, come misuro la quantità di cambiamento in quell'universo? Quale è l'unità di misura standard del cambiamento?

Questa è una domanda mal posta. Tu mi chiedi l'unità di misura dl cambiamento. Ma questa frase, così come è formulata, non ha significato. Dovresti dirmi un cambiamento di che cosa. Chiarisco. nell'esempio del pianeta il cambiamento è la variazione di posizione del pianeta. Questa si misura in metri. Ma il cambiamento potrebbe essere il cambiamento di temperatura di una certa massa di materia. In questo caso l'unità di misura è il grado. Il cambiamento che osservo potrebbe consistere nell'osservazione di un sasso che cade verso il suolo. Potrei ancora riferirmi al cambiamento di posizione ed utilizzare ancora una volta il metro. Potrei però riferirmi al cambiamento di energia potenziale del sasso. In questo caso l'unità di misura sarebbe il Joule. Poi potrei aver a che fare con un sistema composto da moltissime parti interagenti. Un bicchiere d'acqua o l'Universo sono due buoni esempi. In questo caso è improponibile descrivere il cambiamento in termini meccanici. Allora si prova a descrivere il cambiamento in termini di variazioni di entropia. Anche se in maniera semplicistica ti ho detto già di cosa si tratta e ti ho detto che la sua unità di misura è Joule/K (K significa gradi assoluti, 0 °C sono uguali a 273.16 K, lo zero assoluto corrisponde quindi a -273.16 °C). Riassumendo, non esiste una unità di misura del cambiamento per il semplice fatto che non esiste solo un tipo di cambiamento. Un'infinità di cose può cambiare e ciò implica una molteplicità di unità di misura. Una curiosità. Da dove ti è venuta l'idea che ci fosse solo un tipo di cambiamento o che la parola "cambiamento" potesse avere un significato preciso ed univico?
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Re: Paradosso dei gemelli

Messaggio da Martianbuddy » 02/04/2015, 8:51

Ok per tutto il resto.

francesco.aliotta ha scritto:L'unità di tempo è definita in base al campione. Quindi non misura il campione. Poi, il campione viene utilizzato come strumento di misura o di calibrazione per misurare il tempo di qualsiasi altro fenomeno, sia esso ciclico o no.

Si, capito.

francesco.aliotta ha scritto:Quindi il tempo non è una nostra misura. E' qualcosa che noi misuriamo. Quindi il presupposto è che il tempo, qualunque definizione vogliamo darne, è qualcosa che esiste indipendentemente dalla nostra misura e dal nostro campione. Se non esistesse oggettivamente non sarebbe misurabile.

Si ok, io intendevo dire questo: la terra ed il sole (in poche parole il nostro campione preso come riferimento) esiste a prescindere da noi, ok, ma senza noi esseri umani che lo abbiamo scelto come modello, il suo avvenire esisterebbe comunque ma non ci sarebbe la comparazione rispetto agli altri avvenimenti.
Tipo il sole che muore e nasce, che per chi lo osserva è uno spettacolo incredibile, senza esseri umani o osservatori in generale, il sole continuerebbe a calare e sorgere esattamente come fa tuttora, quindi esisterebbe a prescindere da noi, ma non sarebbe Alba e tramonto ma solo un cambiamento di posizione e nulla più. Siamo noi che lo chiamiamo Alba e tramonto, senza di noi non esisterebbe, nonostante il sole si comporterebbe esattamente come si comporta normalmente.
Ma non sarebbe nulla più di un cambio di posizione.
Stessa cosa con il tempo, la proporzione ci sarebbe lo stesso, ma non significherebbe niente senza noi umani che ci serviamo di essa per misurare altre cose.

francesco.aliotta ha scritto:Riassumendo, non esiste una unità di misura del cambiamento per il semplice fatto che non esiste solo un tipo di cambiamento. Un'infinità di cose può cambiare e ciò implica una molteplicità di unità di misura.

Ok capito. Nel caso delle foglie di un albero? Che con il vento si spostano spazialmente, e dentro cambiano anche come proprietà della pianta? Si usa l'entropia in questo caso? Oppure cosa?
Oppure il cambiamento di un essere umano, come si descrive? Io mi muovo nello spazio perché cammino, ma cambio anche dentro l'organismo, con i processi chimici e delle cellule dentro cambio continuamente. Come descrivo il fatto che sto cambiando non solo spazialmente, ma proprio nell'insieme? La somma di tutti questi cambiamenti è sempre l'entropia?

francesco.aliotta ha scritto:Una curiosità. Da dove ti è venuta l'idea che ci fosse solo un tipo di cambiamento o che la parola "cambiamento" potesse avere un significato preciso ed univico?

Per cambiamento io intendo il concetto dell'insieme di tutti i cambiamenti di tutti i tipi, spaziale, temperatura, e tutti quelli che esistono.
Sono misurabili diversamente, ma sempre cambiamenti sono, quindi il concetto è unico: il cambiamento.
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Re: Paradosso dei gemelli

Messaggio da francesco.aliotta » 02/04/2015, 14:12

Ma non sarebbe nulla più di un cambio di posizione.
Stessa cosa con il tempo, la proporzione ci sarebbe lo stesso, ma non significherebbe niente senza noi umani che ci serviamo di essa per misurare altre cose.

da questo punto di vista le due cose sono equivalenti. Voglio dire che, il cambio di posizione, così come ne stiamo parlando noi e così come lo stiamo misurando è un concetto. Ed un concetto è sicuramente solo una creazione umana. Potrebbe essere il prodotto di un'intelligenza diversa. Quindi potrebbe assumere forme diverse e probabilmente per noi non intellegibili. Comunque, sarebbe sempre il prodotto di un'intelligenza, cioè di una coscienza o, in maniera più concreta, il risultato di uno stato mentale. Ma il cambiamento di posizione, al di la di come noi lo razionalizziamo, è qualcosa che esiste al di fuori della nostra mente. Stessa cosa con il tempo. Al di la di come noi lo interpretiamo, è qualcosa che esiste indipendentemente da noi. Poi, noi riusciamo a discutere solo delle nostre rappresentazioni mentali, che sono il risultato della nostra interazione con ciò che oggettivamente esiste. Ma noi non discutiamo mai, e non possiamo farlo per definizione, di ciò che oggettivamente esiste. Noi discutiamo solo delle nostre rappresentazioni mentali, prodotte dalla nostra interazione con l'esistente. Queste rappresentazioni sono quelle che si chiamano "modelli fisici". Noi discutiamo solo dei modelli perchè solo i modelli sono condivisibili. Se non troviamo qualcosa di condivisibile non troviamo l'argomento di discussione. Ciò che esiste e come questo qualcosa è descritto nel nostro modello sono e rimangono due cose diverse. Il "significato" sta nel modello. Le cose che esistono, esistono e basta. Non hanno un significato di per se.

Ok capito. Nel caso delle foglie di un albero? Che con il vento si spostano spazialmente, e dentro cambiano anche come proprietà della pianta? Si usa l'entropia in questo caso? Oppure cosa?


Qui non vi è altra scelta che ricorrere all'entropia. E il problema che descrivi è molto più complesso perchè non può riguardare un semplice oggetto, la foglia ad esempio. La foglia è un qualcosa di oganico. E' qualcosa che nasce e cresce assumendo una struttura ben definita. E il suo processo di crescita e di sopravvivenza implica dei processi di trasformazione di materiali, estratti dal suolo e trasportati sino alla foglia per nutrirla, cioè per produrre nuove cellule, ed implica processi di trasformazione di energia elettromagnetica proveniente dal sole in energia chimica (sto parlando della funzione clorofilliana). Il risultato di tutti questi processi è che, se guardo la sola foglia (e ciò è vero per qualsiasi organismo vivente), l'entropia della foglia diminuisce nel tempo invece che aumentare. Questo non è un paradosso. E' solo un paradosso apparente. Qualunque organismo vivente è un oggetto che per mantenersi in vita deve cercare di abbassare il suo contenuto di entropia. Ma per farlo deve sottrarre energia ad altri sistemi fisici (radiazione e nutrimenti provenienti dal suolo nel caso della foglia, una bistecca nel caso di un umano). Questa sottrazione di energia da altri sistemi implica che, in questi sistemi, l'entropia aumenti. La variazione di entropia totale (l'entropia del sistema vivente e dei sistemi di cui questo si nutre) è sempre positiva. Cosa vuol dire tutto ciò? Vuol dire che, quando parli di qualcosa di vivente non parli mai di un sistema isolato. Parli di un sistema che è fortemente interagente con altri sistemi. Devi quindi ragionare in termini di un sistema molto più grande del sistema vivente, costituito da molte parti interagenti e il tuo sistema vivente è solo una di queste componenti interagenti. L'entropia di questo sistema globale e complesso aumenta costantemente nel tempo. Questa è l'entropia che devi tenere in considerazione. E questa entropia discende da tutta una serie di cambiamenti, concatenati tra loro e tutti di natura diversa. Non esiste un singolo cambiamento che possa essere ritenuto significativo. Quando parli di entropia significa che parli della globalità dei cambiamenti. Se guardi un singolo aspetto, il concetto di entropia non emerge. Giusto per chiarire, se il mutamento di cui parliamo è il mutamento prodotto dalle differenti posizioni di un pianeta che orbita intorno ad una stella ruotando nel contempo sul proprio asse non ha senso parlare di entropia. Stiamo prendendo in considerazione una descrizione fatta in termini di meccanica classica. Il problema meccanico di un pianeta che orbita intorno al suo sole è un problema in cui il pianeta ed il sole sono descritti come un unico sistema isolato che non ha altre componenti oltre a ciò che chiamiamo pianeta e sole. In un sistema di questo tipo l'energia si conserva nel tempo e di conseguenza anche l'entropia si conserva. L'orbita esiste ed è chiusa proprio perchè l'energia si conserva. Ora deve esserti chiaro che il sistema pianeta-sole così come lo ho descritto io è solo un modello. Sarà accettabile quanto vuoi, approssimerà bene la realtà tanto da consentire previsioni accurate, ma è e rimane solo un modello. La realtà è estremamente più complessa. Ad esempio, il pianeta che ruota sarà soggetto, a causa dell'attrazione gravitazionale del sole, a forze di marea. Il fatto che agiscano forze di marea implica che parte dell'energia gravitazionale del sistema verrà trasformata in energia di deformazione della materia di cui il pianeta è costituito. Parte di questa energia verrà dissipata sotto forma di calore (la materia si riscalda). Il risultato di tutte queste interazioni è che, nel tempo, la velocità di rotazione del pianeta intorno al suo asse andrà diminuendo. Quando verrà raggiunto l'equilibrio, l'energia rotazionale raggiungerà il suo minimo. in queste condizioni il pianeta rivolgerà alla stella sempre la stessa faccia: un giorno durerà esattamente un anno. Ed il fatto che parte dell'energia gravitazionale venga trasformata in altre forme di energia implica che nel tempo la distanza media del pianeta dalla stella vada diminuendo. Prima o poi il pianeta cadrà nella stella. Certamente occorreranno diversi miliardi di anni perchè questo processo si concluda. A tutti i fini pratici possiamo fare finta che l'orbita sia stabile e che il giorno abbia una durata costante. Ma sappiamo che stiamo soltanto facendo finta che le cose siano così. Sappiamo che non stiamo parlando di come realmente il sistema si muove ma solo di come si muoverebbe se il modello meccanico fosse rigorosamente valido. Se vogliamo tener conto di tutti i dettagli dobbiamo tener conto di tutte le trasformazioni di energia di cui ti ho parlato e di molte altre. Quando teniamo conto di tutte le trasformazioni di energia il nostro modello cessa di essere un modello meccanico per divenire un modello termodinamico. Quando il nostro modello diventa termodinamico emerge il concetto di entropia ed il suo significato. L'entropia tiene conto di tutti i cambiamenti che avvengono nel sistema, non solo di quelli di cui tengono conto i modelli meccanici.
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Re: Paradosso dei gemelli

Messaggio da Martianbuddy » 03/04/2015, 11:00

Ok ho capito benissimo quello che mi hai detto.
Ora avrei una domanda un po' strana, forse malposta non so, però cerco di proporla lo stesso sperando che riesca a spiegarmi:
Quando parliamo di cambiamento, possiamo parlare di tantissimi tipi di cambiamenti diversi, la posizione, la temperatura e non so quanti altri (dimmi tu, quanti ce ne sono?), ma indipendentemente da quello che prendiamo in esame, quale è il più piccolo cambiamento possibile?
Provo a spiegarmi meglio: quand'è che avviene un cambiamento? Quand'è che un qualcosa non ha più la configurazione precedente ma ne ha una nuova? Quale è la più piccola configurazione di cambiamento?
Faccio un esempio, o almeno ci provo: se un oggetto si sposta dal punto A al punto B, magari percorrendo 5 metri, noi possiamo ovviamente misurare quei 5 metri, ma l'oggetto in questione quand'è che sarà cambiato? Quando si sarà spostato del primo metro? O del primo centimetro? O del primo millimetro? Nel senso che lo spazio io lo potrò dividere all'infinito e ci sarà sempre una misura più piccola di quella precedente (ben oltre magari i nostri limiti tecnologici di misurazione), quando è che posso affermare che si è spostato?
Non so se sono riuscito a spiegare il mio dubbio, ma provo a fare un altro esempio:
Se qualcosa cambia di temperatura, quand'è che sarà avvenuto il primo istante di cambiamento? Al primo grado? A 0,1 gradi? A 0,01? A 0,001? A 0,00000000000000000001? Posso sempre continuare così, quindi come definisco il cambiamento?
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Re: Paradosso dei gemelli

Messaggio da francesco.aliotta » 04/04/2015, 14:25

Se qualcosa cambia di temperatura, quand'è che sarà avvenuto il primo istante di cambiamento? Al primo grado? A 0,1 gradi? A 0,01? A 0,001? A 0,00000000000000000001? Posso sempre continuare così, quindi come definisco il cambiamento?


La domanda è effettivamente mal posta. Nel senso che è una domanda sensata se pensiamo di ragionare entro i presupposti della Fisica Classica. Ma perde di significato se allarghiamo la nostra prospettiva per includere la Meccanica Quantistica. Ora, all'interno di ragionamenti classici tutte le quantità misurabili sono dei continui. Cioè sono divisibili all'infinito. Così è per la temperatura. Ma la temperatura non è altro che una quantità che ci informa dell'energia interna del sistema. Energia interna significa energia racchiusa nelle componenti interne al sistema, che esistono anche se, macroscopicamente, noi non ne siamo immediatamente consapevoli. Innalzare la temperatura di un corpo significa semplicemente trasferire energia da una fonte esterna alle sue componenti interne, gli atomi e le molecole. Innalzare la temperatura significa quindi aumentare l'energia vibrazionale di atomi e molecole. Queste vibreranno intorno alle loro posizioni di equilibrio. Quanto più alta la temperatura, tanto più alta è l'energia racchiusa in ogni singola vibrazione. Assumere una continua diminuzione dell'incremento di temperatura, così come hai fatto tu, implica che sia possibile scambiare quantità di energia piccole a piacere. Ma, scendendo a variazioni di temperatura sempre più piccole ci scontriamo con i limiti di validità della Fisica Classica ed entriamo nel Mondo Quantistico. L'energia, può solo essere scambiata in quanti. Un fotone, ad esempio, è un quanto di energia. E' possibile trasferire l'energia corrispondente ad un fotone o a due fotoni o a quanti fotoni ti pare. Ma non è possibile, ad esempio, trasferire mezzo fotone. Il quanto è indivisibile. Ed anche i possibili contributi degli oscillatori microscopici, ad esempio le molecole, sono quantizzati. Io posso trasferire all'oscillatore solo un quanto di energia pari alla differenza di energia tra due suoi livelli vibrazionali. Per essere assorbito e quindi trasferire energia dal mio quanto al livello vibrazionale occorre che il mio quanto abbia l'energia giusta (sia in risonanza con l'oscillatore). Concludendo, la quantità di energia minima che posso trasferire dipende da come sono distribuiti i livelli energetici del mio sistema, dipende cioè dal sistema. In ogni caso esiste un valore minimo di energia che può essere scambiato. E la quantità di energia scambiata sarà sempre un multiplo intero di questa energia minima. In ogni caso, la quantità minima di energia scambiata ipotizzabile non potrà mai violare i limiti posti dal principio di indeterminazione. La definizione del cambiamento minimo possibile, come lo definisci tu, richiede che il sistema in esame venga descritto in termini quantistici. Partendo da una visione classica non potrai mai ottenere una risposta plausibile.
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Re: Paradosso dei gemelli

Messaggio da Martianbuddy » 05/04/2015, 13:03

Ok, capisco. Quindi mi stai dicendo che la quantità di cambiamento minima, nel caso della temperatura, è un quanto di energia?
francesco.aliotta ha scritto:Il quanto è indivisibile.

Non voglio dire che non sia così, la mia è solo una domanda: affermare che un quanto sia indivisibile non può essere la conseguenza dei nostri limiti massimi scientifici attuali? Nel senso che la nostra comprensione dell'universo attuale ci limita a questa definizione e magari in futuro, con il progresso tecnologico o anche con l'adozione di una nuova teoria scientifica più profonda della m. Quantistica ci accorgeremo che anche il quanto è divisibile in qualcos'altro? Al che la mia domanda tornerebbe in auge? Non è già successo che qualcosa che si pensava l'unità minima si è poi rivelata essere divisibile ulteriormente? Perché non dovrebbe essere così anche per il quanto? Perché dovrebbe esistere un'unità di misura minima assoluta?

Seconda domanda: per l'esempio dello spostamento spaziale invece? Come definisco l'unità minima di cambiamento se anche lo spazio è divisibile all'infinito?
Con la visione classica non ne esco fuori più, quale è la visione quantistica in questo caso?
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