francesco.aliotta ha scritto:Tu assumi arbitrariamente l'esistenza di un sistema di riferimento esterno al nostro Universo. Ciò significa che tu assumi, arbitrariamente, l'esistenza di dimensioni ulteriori alle quattro di cui abbiamo coscienza. Poi assumi che le proprietà di questo sistema di riferimento siano tali che un ipotetico osservatore collocato in esso possa osservare un tempo unico
Si, esatto, dico questo. Sbagliato che sia, questo intendevo.
francesco.aliotta ha scritto:Parlare di tempo medio facendolo diventare un tempo unico è una contraddizione in termini, Se parliamo di tempo medio allora vuol dire che il tempo unico non esiste...altrimenti su cosa effettui la media?
Si, hai ragione, è illogico.
francesco.aliotta ha scritto:Infine, tu introduci le nuove dimensioni e le proprietà del sistema di riferimento esterno con una procedura ad hoc. Li introduci in maniera tale da cercare di ottenere in questo sistema un tempo assoluto. Ma le tue assunzioni sono arbitrarie e giustificate solo dal risultato che tu vorresti ottenere. La ragion d'essere delle tue assunzioni sta solo nella tua mente per cui il pensare che le tue assunzioni possano avere qualcosa a che vedere con la Realtà è del tutto illogico. Ogni assunzione ad hoc è illogica per definizione. Se parliamo di Fisica, le tue assunzioni devono derivare rigorosamente da osservazioni. Se derivano solo da intuizioni la logica se ne va a pallino!
Probabilmente hai ragione, io le ho introdotte perché mi sembra che se guardo l'universo, io ho un mio tempo proprio unico e diverso dal tuo, se guardo il mio tempo unico del mio organismo, ogni cellula in esso avrà un tempo unico proprio a se stesso e quindi nel mio stesso organismo, che aveva un solo tempo proprio, ci saranno miliardi di ulteriori tempi diversi l'uno dall'altro, quindi mi viene da pensare che sia così anche per l'universo... lo so, è un'affermazione ingiustificata derivata da un'intuizione, quindi è illogica, però io ce l'ho... che ci devo fare? Provo a vedere se può avere un senso, se non c'è amen... però ingiustificata che sia, illogica e tutto, perché è sbagliata?
francesco.aliotta ha scritto:Ti ho già detto che un cambiamento si evidenzia con un cambio di alcune proprietà del sistema. Può essere un cambio di configurazione, cioè una variazione della distribuzione di materia nello spazio. Oppure può essere un cambio nella distribuzione di energia tra le varie parti del sistema. O qualunque altra cosa. In ogni caso potrò associare al cambiamento una variazione di entropia- Poichè l'entropia può solo aumentare nel tempo il segno della sua variazione mi dirà in che direzione procede il tempo. Cio' mi dira quale dei due stati che sto considerando si è verificato prima e quale dopo. Ma non mi dirà niente altro. Non mi dirà mai con che velocità si è verificato il cambiamento. Per poter dire con che velocità si è verificato il cambiamento devo necessariamente introdurre il concetto di tempo.
Ok, credo di aver capito questo più o meno.
Quindi stai dicendo che il tempo è un meccanismo che, in relazione ad un parametro di riferimento ciclico, mi permette di capire a quale velocità avvengono i cambiamenti? È giusto dire così?
Ma la quantità di cambiamento invece? Come la misuri? (I diversi cambi di configurazione).
francesco.aliotta ha scritto:Le unità di misura sono certamente arbitrarie. Ma fai un errore se pensi che il risultato della misura sia arbitrario. Io posso scegliere il campione che voglio, purchè ne dia una definizione rigorosa che chiunque altro possa comprendere. Posso ad esempio scegliere il metro per misurare una lunghezza. Oppure, posso scegliere il piede,
Ma se dico a qualcuno che, ad esempio, una barca è lunga 10 metri e un altro mi dice che è lunga 34 piedi, non vi è dubbio che in ogni caso mi raffigurerò mentalmente una barca che ha le stesse dimensioni. !0 metri e 34 piedi sono la stessa distanza per chiunque. Nel caso in esame per chiunque queste due misure rappresentano la stessa distanza tra la prua e la poppa della barca. Cioè rappresentano la misura dello spazio racchiuso tra questi due estremi. E quanto sia l'estensione di questo spazio rimane univoco, indipendentemente dalla misura scelta. Quindi, quando dici che la misura è relativa allo strumento utilizzato, commetti un errore grave. La misura è indipendente dallo strumento utilizzato. Sarà espressa in unità diverse, ma ciò non toglie che si tratti della stessa misura. Le unità diverse possono sempre essere convertite tra di loro per cui i risultato della misura è sempre oggettivo e mai relativo (all'interno dello stesso sistema di riferimento).
Si... questo risulta evidente perfino a me... non mettevo in discussione questo fatto ovvio, quello che mi chiedo è che cmq chiami l' unità di misura che usi, quello spazio sarà sempre lo stesso di prima ed uno soltanto, quindi tutte le unità di misura che usi saranno relative non allo spazio di per se, ma al concetto che hai preso come riferimento per misurare... ma cosa ha a che fare questo con lo spazio di per se? Cerca di capire cosa so cercando di dire, quello che mi hai detto tu è ovvio ed evidente e l'ho capito benissimo...
francesco.aliotta ha scritto:Anche per quanto riguarda il concetto di misura, mi avevi chiesto di suggerirti un libro ed io l'ho fatto. Se tu provassi a leggere quel libro ti chiariresti come, antropologicamente, è nato il concetto di misura, di ritmo e di tempo e forse riusciresti a compiere un primo passo sensato verso la comprensione delle cose.
Si, infatti ho intenzione di comprarlo al più presto, ma devo prima finire l'attuale libro che sto leggendo, che è quasi terminato.
francesco.aliotta ha scritto:Quand'è che si passa da una all'altra scala? Quando è che nel microscopico le cose si comportano in modo quantistico, mentre nel macroscopico in modo classico? A quale punto avviene questo cambiamento? Quale è il limite? Perché?
Qui non volevo aprire un dibattito, era solo una curiosità personale... mi chiedevo cos'è che (se lo si sa) separa le due cose e perché...