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induzione

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ginos
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Re: induzione

Messaggio da ginos » 19/10/2015, 7:22

Molto interessante ciò che scrivi e devo riconoscere la mia profonda ignoranza anche sulle cose che un normale elettricista conosce.

Mi rendo conto che Maxwell fu un momento di sintesi di quello che si sapeva allora e che fu un punto di svolta perchè aprì strade nuove.
Sapevo anche che sono fondamentali le esperienze di Faraday fatte con una specie di trasformatore e che le sue conclusioni *verbali* risultano trascritte in Maxwell come nabla x E = - deltaB /deltat (ma capisco meglio le parole di Faraday).
Giocando coi miei aggeggi ho toccato con mano che ciò che succede con un trasformatore succede anche negli alternatori, sia che muova i magneti sia che muova la bobine e per me risulta impossibile immaginare una spiegazione asimmetrica e, come sai, concordo sull'idea dell'unicità del campo elettromagnetico.
Misurando poi i rendimenti dell'alternatore ho toccato con mano che oltre alla differenza di potenziale c'è tutto il resto (di cui però ignoro tutto quello che non attiene alla misura dei rendimenti). L'unica cosa che mi immaginavo era che nel voltmetro il circuito venisse chiuso con una resistenza altissima, facendo così passare poca corrente, in modo che la tensione fosse quasi la massima disponibile in quella situazione (ma direi che questo sia irrilevante per questa riflessione).

Io sono fermanente convinto che senza ddp tutto il resto *non esiste*: se io faccio ruotare un magnete in faccia ad una bobina circolare, per quanto potente e veloce sia il magnete, per quanto siano numerose le spire della bobina, non leggerò ne' volt nè ampere, chiusa od aperta che sia la bobina. Perciò ragionando su questo marchingeno credo si possa mettere da parte la questione dello strumento più opportuno da usare.

Certamente ai tempi Maxwell gli elettroni erano ignoti, ma oggi sono considerati gli attori del fenomeno induzione.
E' fuor di dubbio (tubo catodico, ciclotrone, ...) che essi subiscono ciò che è chiamata *forza di Lorentz*
Tu stesso hai detto che la *forza di Lorentz* si può invocare sia quando si muovono i magneti che quando si muovono i fili e che quel che conta è solo il moto relativo.

Tutti dicono che la *corrente* è il *moto degli elettroni* (o qualcosa del genere visto cosa succede nei condensatori).

Chiarito questo, l'ultima domanda che avevo sottoposto alla tua attenzione non riguarda ciò che mi è lecito chiedere alle equazioni di Maxwell, io chiedevo alla fisica di oggi come *spiega* il fatto che quella bobina rotonda non genera corrente.

La risposta sembra facile: dov'è la variazione del campo? Rispetto al filo (ed anche rispetto all'area interna della spira, o a tutta l'area nei dintorni della spira) mica c'è *variazione*. E questo sia se faccio girare un singolo magnete, sia se faccio girare un vero rotore fatto di tanti magneti alternati N S N S ... sì, il campo si sposta, ma la sua intensità complessiva rispetto al circuito mica cambia.

Ma se, in realtà, è la cosiddetta forza di Lorentz ad operare ed essa opera sui singoli elettroni (come oggi voi dite) il singolo elettrone non può non avvertire una variazione del campo. E se anche si fosse di *fede asimmetrica* (ho conosciuto un professore che pratica questa eresia) almeno in metà dei casi la questione si pone.

A me parrebbe che l'unica spiegazione possibile è che l'elettrone (o chi per lui) si metta a girare *attorno* al filo invece che *lungo* il filo in ciò confortato dall'orientamento a 90 gradi dell'ago di Oersted

Capisco che questa domanda non la posso fare a Maxwell (che fra l'altro mi ha già risposto come tu hai giustamente rimarcato), ma a te credo di si
francesco.aliotta
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Re: induzione

Messaggio da francesco.aliotta » 19/10/2015, 9:02

Io sono fermanente convinto che senza ddp tutto il resto *non esiste*: se io faccio ruotare un magnete in faccia ad una bobina circolare, per quanto potente e veloce sia il magnete, per quanto siano numerose le spire della bobina, non leggerò ne' volt nè ampere, chiusa od aperta che sia la bobina. Perciò ragionando su questo marchingeno credo si possa mettere da parte la questione dello strumento più opportuno da usare.

Se sostituisci la locuzione "differenza di potenziale" con "forza elettromotrice" allora siamo d'accordo. Per parlare di "differenza di potenziale" ti occorre, mi pare evidente, definire due valori di potenziale che non sono definibili. La spira chiusa di Faraday è sostanzialmente un anello chiuso di resistenza interna nulla. In pratica non avrai mai una spira di resistenza interna nulla, ma potrai approssimare bene a volontà questa condizione. La conclusione la puoi trarre facilmente anche tu: se la corrente circola ma la resistenza è virtualmente nulla allora tutto il conduttore, la spira, è virtualmente allo stesso potenziale. Non credo che intorno a questo punto possano nascere discussioni. Poi, il fatto che circoli una corrente è un fatto ed anche intorno a questo non ha senso discutere.
Se circola una corrente vuol dire che delle cariche (chiamale elettroni o come preferisci) si muovono. Ma il moto non è prodotto da una differenza di potenziale (il che vorrebbe dire che le cariche si spostano da una condizione a maggior energia ad una a minore energia in un processo in cui la differenza di energia viene dissipata dal lavoro che produce la corrente. Qualcosa deve ovviamente muovere queste cariche e questo qualcosa deve necessariamente essere una forza. Questa è la forza elettromotrice. La forza che sposta le cariche (accelerandole dato che il moto non è costante) produce lavoro. Per produrre lavoro mi serve energia. E l'energia viene dal campo magnetico (o dalle sue variazioni). In pratica tu produci lavoro meccanico facendo, ad esempio, ruotare il rotore del tuo alternatore Il tuo lavoro meccanico produce una variazione temporale del campo magnetico rispetto alla bobina, cioè il tuo lavoro si trasforma in energia accumulata nelle fluttuazioni del campo magnetico. La tua bobina funziona da antenna, e capta questo segnale, il che vuol dire che assorbe energia dal campo magnetico per trasformarla in energia elettrica (la corrente che circola nelle spire). Ovviamente la conversione non è totale perchè il campo elettrico indotto non è l'unico canale di dissipazione esistente. Esistono altri canali: le forze di attrito e le resistenze ohmiche non nulle. Alla fine buona parte del lavoro che tu fai si dissipa nei gradi di libertà interni alle varie componenti del sistema che si riscaldano, cioè si dissipa in energia termica. In termini moderni l'energia termica non è altro che il moto vibrazionale delle molecole che compongono i vari materiali, quindi se vuoi è riconducibile ad un'energia vibrazionale. Ma questo Maxwell non lo poteva dire e le sue equazioni non dicono nulla di tutto ciò. Le equazioni tengono in conto ovviamente di un effetto joule, non parlano degli attriti meccanici anche se è ovvio anche per Maxwell che questi giochino un ruolo. In pratica le equazioni parlano di un bilanciamento di energie ma non entrano assolutamente nei dettagli microscopici dei vari canali di dissipazione.
Poi possiamo discutere di una reinterpretazione delle equazioni alla luce di tutte le altre teorie, ma questa diviene un'altra storia.

Lo stesso tipo di argomento risponde alla tua domanda sulla spira circolare. Se il moto non provoca alcuna variazione del flusso magnetico sulla tua spira allora la spira non vede il segnale corrispondente alla variazione del flusso. Il segnale c'è ed anche l'energia associata al segnale. Ma la tua antenna non si accoppia e quindi non può dissipare questa energia. E' una cosa che vedi tutti i giorni. Se mandi un segnale radio invii un campo elettromagnetico (produci un campo variabile che si propaga nello spazio). Ma ciò non è sufficiente a dire che un'antenna messa da qualche parte riesca a captare il segnale (cioè riesca a convertire l'energia associata al segnale in un'altra forma di energia). L'antenna deve essere disegnata in modo da accoppiarsi al segnale che tu vuoi captare.
Quindi la spiegazione di ciò che chiedi dovresti proportela in questi termini. In definitiva, quello che pare un problema puramente elettrodinamico è in realtà un problema termodinamico che implica la valutazione dei vari gradi di libertà esistenti ed utilizzabili per i trasferimenti di energia. Il campo è il tramite di questo trasferimento tra energia meccanica ed energia elettrica. Ma se l'antenna non "vede" il segnale non puoi osservare un bel nulla: non c'è corrente! Se guardi le cose in questa prospettiva, che è esattamente quello che ha fatto Maxwell vedi che non vi è proprio alcun tipo di asimmetria con il sistema di riferimento che adotti. Il concatenamento delle linee di campo con la spira è una maniera per comprendere e calcolare come la spira, la tua antenna, si accoppi con il segnale. Poi, puoi far vedere che, in certe condizioni, il risultato sia coincidente con il risultato prodotto dal calcolo delle forze di Lorentz e come in altre condizioni appaia tutto spiegato in termini di induzione. Ma questa è solo una maniera per far vedere come le formulazioni precedenti pur fornendo spiegazioni aparentemente diverse abbiano un'unica origine. Maxwell descrive tutto entro un'unica prospettiva ed è per questo che insisto nel dire che, nella sua prospettiva, non esiste alcuna asimmetria. Spero di essere riuscito a farmi comprendere almeno in parte.

In definitiva, questo è ciò che tu vai sperimentando quando provi a far ruotare il tuo alternatore sotto diverse condizioni di carico. A circuito aperto, l'antenna non si accoppia. Tu compi lavoro e produci il movimento meccanico. Le uniche resistenze vengono dalle forze di attrito. Quando aggiungi un carico l'antenna inizia ad accoppiarsi. L'accoppiamento non è totale. Dipende dal valore del carico. Se il carico ha una grossa resistenza sei in grado di captare solo una piccola porzione di energia. La corrente (il segnale captato) è bassa e quindi solo una piccola parte del tuo lavoro meccanico è dissipata. Tu senti un sforzo sotto le mani ma è modesto. Man mano che diminuisci il carico lo sforzo aumenta. Se metti in corto le uscite del tuo alternatore l'accoppiamento è perfetto (o quasi). Ora la tua bobina capta tutta l'energia disponibile e lo sforzo che devi fare per far ruotare il rotore può divenire enorme.
Qundo tu inserisci un carico, e solo in quel momento, si genera una differenza di potenziale ai capi del carico. Il lavoro prodotto sul carico, e così la differenza di potenziale dipendono dal carico. Quindi la differenza di potenziale non è una proprietà da associare alla spira ma è da associare al carico. Nelle tue misure con il voltmetro tu metti in serie alla spira un carico infinito. La ddp che misuri è una proprietà del voltmetro (ti dice quanto è alta la sua resistenza interna). La corrente che circola nella spira è sostanzialmente nulla. se la corrente è nulla, cioè se non vi sono cariche in movimento, questo dovrebbe farti comprendere come, almeno nella configurazione delle tue misure che impiegano un voltmetro e che quindi sono fatte a circuito aperto, parlare del risultato dell'azione di forze di Lorentz possa divenire estremamente fuorviante.
francesco.aliotta
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Re: induzione

Messaggio da francesco.aliotta » 19/10/2015, 11:01

A me parrebbe che l'unica spiegazione possibile è che l'elettrone (o chi per lui) si metta a girare *attorno* al filo invece che *lungo* il filo in ciò confortato dall'orientamento a 90 gradi dell'ago di Oersted

Capisco che questa domanda non la posso fare a Maxwell (che fra l'altro mi ha già risposto come tu hai giustamente rimarcato), ma a te credo di si

Ti rispondo esplicitamente, anche se la risposta dovrebbe essere implicita dal post precedente.
La tua spiegazione non funziona. La tua spiegazione implicherebbe che l'elettrone si accoppi con il campo magnetico. Ma come ho provato a spiegarti, necessariamente semplificando, l'accoppiamento non è tra l'elettrone e il campo ma tra la spira e il campo. Ovviamente, la spira si accoppia perchè è costituita da un metallo e quindi le cariche che si accoppiano sono gli elettroni.
Ma sono gli elettroni come un tutt'uno non il singolo elettrone. Il circuito chiuso è un'antenna e se la geometria dell'antenna non è accoppiata con il segnale non vi è alcun trasferimento di energia (che può essere trasferita agli elettroni come un insieme globale e non al singolo elettrone). Questo fatto dovrebbe risultare evidente se osservi che la corrente lungo la spira è costante, cioè è indipendente dalla sezione di spira che vai a considerare. Il moto degli elettroni è lo stesso ed avviene lungo la spira e mai in altre direzioni. Nel descrivere il moto locale degli elettroni che secondo te dovrebbero ruotare intorno al conduttore, tu introduci un moto "locale" che renderebbe le correnti dipendenti dalla sezione di spira che vai a considerare. In termini energetici, il moto che descrivi è un moto impossibile. La geometria della spira non "vede" le componenti del campo che dovrebbero produrre il moto in quella direzione. Cioè non vi è accoppiamento alcuno tra le componenti del campo che dovrebbero produrre il moto che tu ipotizzi e la spira. Niente accoppiamento, niente trasferimento di energia e, inevitabilmente, niente moto.

In termini più moderni che coinvolgono le concezioni della Meccanica Quantistica, gli elettroni di un conduttore metallico sono sostanzialmente liberi. Non puoi pensare che un elettrone appartenga ad un atomo specifico. Gli elettroni costituiscono un'unica nube di elettroni che occupa tutto il volume disponibile tra i nuclei atomici. Non vi è modo di distinguere un elettrone da un altro. Ogni elettrone è completamente "delocalizzato" su tutto il volume del metallo. Dire dove si trovi un elettrone è una cosa priva di alcun senso logico e fisico. Ha certamente senso dire come si muovano gli elettroni come un tutt'uno, cioè possiamo parlare di un effetto "collettivo" del moto degli elettroni. Ma non puoi dire nulla sul moto di un singolo elettrone dato che la posizione istantanea del singolo elettrone è una quantità indefinibile (nota che ho detto "indefinibile" e non "non nota" o "non misurabile"). Di nuovo, la Meccanica Quantistica ti porta a parlare di energie e di stati collettivi degli elettroni, cioè di correnti. Il moto del singolo elettrone non appartiene al mondo quantistico. L'elettrone non può nemmeno essere approssimato ad una particella carica che segua una definita traiettoria sotto l'azione di una forza. Questo non dovrebbe sorprenderti. Anche le motivazioni della formulazione della Meccanica Quantistica sono motivazioni termodinamiche. I risultato è che, anche se adotti questa visione microscopica, nel problema di cui stiamo discutendo puoi solo parlare di correnti, di flussi di energia e di livelli di energia che tendono ad equilibrarsi. I dettagli di cui tu parli dovrebbero essere forniti da una teoria meccanica delle cose. Ma gli approcci meccanici spinti a questo livello di dettaglio risultano chiaramente errati. Solo descrizioni diverse, come la Termodinamica o la Quantistica possono fornirti una spiegazione razionale dei dettagli. Ovviamente, dei dettagli significativi. Se alcuni dettagli come quello relativo al moto del singolo elettrone risultano non avere alcun significato, essendo solo il retaggio di un pensiero macroscopico rivelatosi errato ed ingiustificato, non rimane molto da fare. Puoi solo prendere atto che il discutere di un dettaglio inesistente è un'inutile perdita di tempo.
ginos
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Re: induzione

Messaggio da ginos » 19/10/2015, 12:35

> Se sostituisci la locuzione "differenza di potenziale" con "forza elettromotrice" allora siamo d'accordo.

ok, nessun problema, evidentemente io uso ddp e fem col significato invertito rispetto alle consuetudini normalizzate

sono anche in grado di dimostrarti che hai ragione su tutto il resto :D
Immagine
E' un vecchio foglio usato per misurare le prestazioni di un alternatore al variare di ohm, giri, e traferro (ne ho fatti quintali)
Cominciando dall'alto si vede che a 200 giri con traferro 3 mm leggo 152 volt mentre la bilancia segnala una piccola perdita per correnti farlocche (gli attriti sono modestissimi). Con un carico di 676 ohm cambia poco 151 volt e 0,22 ampere
Dopo c'è una serie di misure ad ohm calanti per vedere dove si piazza il rendimento migliore: si nota benissimo il calare dei volt e il crescere degli ampere assieme ai grammi della bilancia che con un calcolino indica i watt meccanici assorbiti.
Dove c'è scritto *bruciato* non ricordo se avevo bruciato l'amperometro o il pacco di resistenze (direi le resistenze)

Nota come i rendimenti siano costanti a tutti i giri

In fondo, a 150 giri e a 50 ohm, vario il traferro (allontanando statore e rotore): la potenza cala ma il rendimento resta costante.

NB. i rendimenti andavano aumentati per togliere le perdite dovute al raddrizzatore, comunque non era il migliore dei miei aggeggi.

Nota (da 150 giri in giu') come ad abbassare troppo gli ohm perdi watt ma anche rendimento: è colpa degli attriti e soprattutto delle eddies current che incidono sempre più al calare della potenza richiesta. Il fenomeno si attenua parecchio usando filo molto sottile che rende la vita difficile ai vortici farlocchi (quanto ci ho messo a rendermene conto!). Oltre alle giuste perdite normali altro non c'è perchè ho eliminato quasi tutto il ferro e quello del rotore è diviso a spicchi isolati fra loro cosicchè anche Focault non rompe l'anima.

Comunque il casino più grosso in questa roba è trovare il miglior dimensionamento relativo (in misure, peso e forme) fra rame e neodimio. Le combinazioni sono praticamente infinite. Il massimo rendimento che ho misurato con potenze accettabili è sul 93%, naturalmente accontentandosi di un po' meno la potenza cresce moltissimo (bisogna però vedere che succede con lo smaltimento del calore, anche se, visto l'oggetto, non è troppo problematico raffreddarlo)

Propongo quindi di non parlar più di ddp, ma di dire solo cosa mostrerebbe il tester in volt e ampere e torno all'argomento.

> Lo stesso tipo di argomento risponde alla tua domanda sulla spira circolare. Se il moto non provoca alcuna variazione del flusso magnetico sulla tua spira allora la spira non vede il segnale corrispondente alla variazione del flusso. Il segnale c'è ed anche l'energia associata al segnale.

comincio con una battuta polemica, l'energia nelle onde radio c'è certamente, ma nel caso dell'alternatore non vedo da dove potrebbe provenire, io sto girando il rotore senza far fatica (la fornirò io con l'intreccio dei campi quando il circuito verrà chiuso).

> Se il moto non provoca alcuna variazione del flusso

se il tester indica zero ampere *è certo* che non esiste alcuna variazione di flusso.
Io mi domando *rispetto a cosa* non c'è variazione di flusso.
Certamente rispetto alla spira o all'area nei pressi della spira non c'è variazione di flusso.
E allora perchè mi lamento? tu dirai immagino. Te lo dico dopo.

> Ma questa è solo una maniera per far vedere come le formulazioni precedenti pur fornendo spiegazioni aparentemente diverse abbiano un'unica origine. Maxwell descrive tutto entro un'unica prospettiva ed è per questo che insisto nel dire che, nella sua prospettiva, non esiste alcuna asimmetria. Spero di essere riuscito a farmi comprendere almeno in parte.

No, sono convito d'aver capito benissimo e dispostissimo a darti ragione anche su questo. Però (magari un'altra volta), avrei una ricca collezione di professori che non sono altrettanto chiari (per la verità, uno di essi, ferocissimo, sostiene che io non intendo l'italiano e che quando Feynman diceva che la quantistica non la capisce nessuno io avevo capito l'otto per il diciotto).

> ... questo dovrebbe farti comprendere come, almeno nella configurazione delle tue misure che impiegano un voltmetro e che quindi sono fatte a circuito aperto, parlare del risultato dell'azione di forze di Lorentz possa divenire estremamente fuorviante.

Sì, ho usato il voltmetro, ma se avessi usato l'amperometro cosa avrei letto con quella spira circolare chiusa? Io dico nulla (salvo quanto dipende dalle imprecisioni dell'aggeggio) e ne sono sicuro perchè estraendo watt da un vero alternatore, i tratti di spira paralleli al moto dei magnenti danno solo fastidio.

Quindi mi pare che la questione resta la seguente: *chi è che interagisce con la variazione del campo magnetico?*
dico *interagisce fisicamente*
l'area, la spira, gli elettroni?
forse una specie di *fluido elettrico continuo* che naviga nel rame? spero di no (però anche qui avrei una citazione da fare).

Certamente oggi sappiamo che gli elettroni in volo attraverso i rebbi di un magnete subiscono la *forza di Lorentz* e tu stesso hai ammesso che le cose non cambierebbero per un elettrone fermo (rispetto al laboratorio) se investito da un campo che si muove (rispetto al laboratorio), roba che molto più chiaramente si può tradurre dicendo che quel che conta è il moto relativo.

Supponiamo quindi che la corrente sia un moto di elettroni causato da un'interazione diretta campo-elettrone, allora l'elettrone si muoverà a 90 gradi rispetto a come si muove il campo: se questa direzione a 90 gradi è parallela al filo che ospita l'elettrone avrò ampere, se ortogonale nò perchè l'elettrone girerebbe attorno al filo. Oppure ho detto una bestialità?
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Re: induzione

Messaggio da teoria del tutto » 19/10/2015, 15:03

Secondo me esiste questo campo magnetico a spirale che e' lo stesso di eletrificare l'aria a spirale.questo penso avvenga che ci sia o meno uno dei 5 fili chiusi o aperti che siano. Nel momento che si inserisce uno dei fili aperto al campo eletromagnetico non importa nulla il filo da la situazione degli eletroni in quella determinata posizione e porta al'esterno seguendo il filo perche' il filo direziona i dati, la colonna di dati letti dal tester(la colonna di dati sarebbe la corrente).nel momento che chiudo il circuito riporto l'energia degli eletroni nel circuito creando un freno eletrico creo una distorsione nella spirale eletromagnetica non regolarizzando il campo prodotto dal magnete,in pratica viaggio contro corrente,in questo caso dovrei anche scaldare il filo,se io metto un filo stellato dovrei aumentare ma di poco il calore deformando ulteriormete il campo magnetico.la corrente sara simile sia a circuito aperto o chiuso ma aumentera il calore del filo.trasformando la corrente deformata in corrente piu calore. Io non uso i vostri termini perche non li capisco ma penso sia una cosa del genere.correggetemi se sbaglio.e scusate se mi intrometto.
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Re: induzione

Messaggio da teoria del tutto » 19/10/2015, 16:40

Usando la mia ipotesi deformo le bolle in una certa direzione e cioe' schiaccio le bolle contro il baricentro della rotazione del magnete in una forma a spirale.in pratica creo una vite dove la vite e' formata dalle bolle parallele al filo mentre gli spazi vuoti della vite le bolle sono perpendicolari al filo.in ogni posizione che mi mettete il filo voi leggete la disposizione delle bolle deviate nel filo.quando chiudete il circuito riportate le bolle in una sola direzione al punto di partenza sovrapponendosi alla situazione di partenza e se siete lontani dal centro riempite gli spazi Vuoti della vite girando le bolle gia disposte a forma di vite ostacolando la forma a vite rendendola in quel tratto cilindrica create atrito quindi calore.se chiudete il circuito del filo centrale non modificate la forma a vite quindi dovreste trovare meno atrito di una posizione laterale quindi meno calore e una corrente costante.
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Re: induzione

Messaggio da francesco.aliotta » 19/10/2015, 17:11

comincio con una battuta polemica, l'energia nelle onde radio c'è certamente, ma nel caso dell'alternatore non vedo da dove potrebbe provenire, io sto girando il rotore senza far fatica (la fornirò io con l'intreccio dei campi quando il circuito verrà chiuso).

Qui mi pare proprio che tu stia valutando le cose da una prospettiva decisamente errata. Se il rotore gira lo fa perchè qualcosa (una forza) sta compiendo lavoro. Se lo giri, ad esempio con una manovella, questo qualcosa è il tuo braccio. Il tuo braccio si muove (e già il fatto che si muova implica che ci sia un consumo di energia) perchè i tuoi muscoli consumano energia chimica. In sostanza bruci glucosio per generare impulsi elettrici che contraggono i tuoi muscoli producendo lavoro meccanico. Parte di questa energia spesa (il lavoro) se ne va in energia termica (la tua temperatura corporea tende ad innalzarsi e la tua circolazione periferica disperde il calore in eccesso nell'atmosfera perchè la temperatura rimanga costante. Tu sei un termostato.). L'energia che avanza (che è la maggior parte, viene trasferita, sempre sottoforma di energia meccanica al rotore. Parte di questa energia meccanica (accumulata sotto forma di energia rotazionale) viene trasferita al campo. In pratica il campo, in ogni punto dello spazio, varia ciclicamente nel tempo. Quindi l'energia viene accumulata sottoforma dell'energia elettromagnetica del campo. Se non vi è nulla che la dissipi (nel tuo caso ciò vuol dire che la spira è aperta), tu puoi continuare a far girare in eterno la tua manovella ma non otterrari nulla di significativo, cioè nulla di utilizzabile. L'energia che puoi accumulare è calcolabile se conosci la permeabilità magnetica del materiale in cui si sviluppa il campo (il materiale che costituisce la spira e l'ambiente circostante se la spira non è nel vuoto). Tu produci una fluttuazione del campo magnetico, cioè un'oscillazione di questo, ma questa fluttuazione tenderà a decadere. Il canale di dissipazione è sempre un canale termico. Alla fine raggiungi uno stato di equilibrio dinamico. Il flusso di energia che tu fornisci in ingresso viene eguagliato dal flusso delle perdite termiche. Più di questo non puoi fare. In pratica, dato che questo flusso di perdita è modesto, tu devi compiere solo uno sforzo modesto per mantenere il magnete in rotazione. Comunque, piccole quantità di energia non significa energia nulla. Se non spendi energia, il tuo magnete non ruota. Ovviamente, in una situazione di questo tipo il trasferimento di energia dal tuo braccio (o se preferisci, dalla rotazione del magnete) alla spira è nulla per definizione. In queste condizioni, è ovvio che l'efficienza del sistema sia anch'essa nulla. Appena metti un carico, si attiva un altro canale di dissipazione: la corrente che circola attraverso il tuo carico che ora (e solo ora che vi è un'impedenza finita) corrisponde ad una potenza, cioè ad un'energia trasferita nell'unità di tempo. Per mantenere lo stesso regime di rotazione di prima ora dovrai spendere un po' più energia di quanta ne spendevi prima. Questa energia è trasformata in parte in potenza elettrica ed in parte è dissipata per effetto Joule dal tuo carico che si riscalda. L'efficienza è maggiore di quella che avevi prima. Il rapporto tra la potenza al carico e quella al tuo braccio ora è un numero compreso tra 0 ed 1. Ora risulta evidente che tu non possa mai raggiungere il valore 1. Se diminuisci il carico aumenti la produzione di energia elettrica ma aumenti anche la dissipazione sotto forma di calore. Quando metti la bobina in corto circuito tutta l'energia che spendi se ne va in calore e se insisti fondi il filo della bobina. Quindi è del tutto evidente che il grafico che descrive l'efficienza del tuo alternatore (a regime di rotazione fisso) descriva una funzione del carico e che questa funzione debba avere un massimo. Direi che è impossibile che questa curva possa essere una costante in funzione del carico.
Allo stesso modo, se ci pensi su un attimo, diviene evidente che la curva che descrive l'efficienza in funzione del regime di rotazione (a carico fisso) non possa essere una costante ma debba necessariamente essere una curva con un massimo.

Ora io non ho ben capito come tu abbia valutato i rendimenti. Ma la frase:
Nota come i rendimenti siano costanti a tutti i giri

mi fa capire che nella tua procedura ci sia qualcosa di sbagliato. Tu mi dici di aver utilizzato una bilancia per valutare la potenza in ingresso. Non so in che modo tu abbia esattamente accoppiato la bilancia con il rotore. Ma questo non è un dettaglio rilevante (posso anche immaginare cosa tu abbia fatto). Il punto è che una bilancia misura solo una forza. Non può misurare un'energia ne tantomeno una potenza. Quindi ritengo di poterti dire con certezza che le tue misure di rendimento non sono corrette.
Ti dico ad esempio come le farei io. In realtà è ciò che ho fatto quando ho avuto la necessità di avere le curve di rendimento di un alternatore.
Ho collegato l'asse del rotore con un motore elettrico il cui rendimento mi era noto (ho utilizzato un motore di qualità nuovo di zecca ed ho fatto riferimento alle sue curve di rendimento fornite dal costruttore). Poi ho iniziato a far girare l'alternatore ai diversi numeri di giri che mi interessavano e con carichi diversi. Ogni volta, misuravo tensione e corrente al motore e stessa cosa al carico collegato all'uscita dell'alternatore. Così misuravo le potenze elettriche in ingresso e quelle in uscita. Il rapporto tra i due valori mi dava l'efficienza in ognuna delle condizioni. Questa era ovviamente l'efficienza del complesso motore elettrico-alternatore. Ma, una volta note le curve di rendimento del motore le correzioni da fare divengono immediate. Non fidandomi ciecamente delle curve del costruttore del motore, ho rifatto le misure utilizzando un altro motore, da un altro costruttore e con curve di rendimento diverse.
Dopo le correzioni adeguate al nuovo motore, le curve di rendimento dell'alternatore ottenute nei due casi sono risultate identiche con scarti dell'1% (non ho provato a fare di meglio perchè il margine di incertezza ottenuto era sufficiente ai miei scopi, ma con un po' più di lavoro avrei potuto fare di meglio). Comunque, la curva era una curva e non una costante e mostrava un massimo, così come uno deve aspettarsi per quanto detto prima.

Quindi mi pare che la questione resta la seguente: *chi è che interagisce con la variazione del campo magnetico?*
dico *interagisce fisicamente*
l'area, la spira, gli elettroni?

Te l'ho già detto. Ciò che interagisce è la spira intesa come l'insieme del filo conduttore e dell'area racchiusa dal filo. L'area ovviamente non interagisce in quanto tale. La spira potrebbe essere nel vuoto il che vorrebbe dire che non c'è nulla di materiale che interagisce lungo l'area ma solo lungo il conduttore. Ma l'area gioca un ruolo perchè dice qualcosa sulla geometria della spira. Cerco di spiegarmi con un esempio che non c'entra nulla, apparentemente, con la spira ma che dovrebbe farti capire meglio come funziona l'accoppiamento tra il campo e un conduttore. Pensa alle vecchie antenne televisive per l'UHF. Il campo elettromagnetico del segnale è sempre presente. Ma non ti basta un pezzo di conduttore (qualunque forma esso abbia) per rivelarlo. Ti serve che la geometria dell'antenna si accoppi con il campo, altrimenti all'antenna non gli frega nulla che ci sia o non ci sia il campo. I campi dell'UHF erano polarizzati. Alcune emittenti erano polarizzate verticalmente e altre orizzontalmente. Avevi bisogno di due antenne UHF per ricevere tutti i canali. Una era disposta con le asticelle orientate orizzontalmente e l'altra con le asticelle verticali. Se poi volevi ricevere anche il VHF, a lunghezza d'onda maggiore, avevi bisogno di un'altra antenna con una spaziatura tra le asticelle diversa. Questo perchè il massimo rendimento dipende dal rapporto tra la lunghezza d'onda del segnale e la distanza tra le asticelle (che funzionavano da riflettori, cioè da captatori del segnale). La richiesta da soddisfare è che la distanza tra le asticelle sia un multiplo intero della semi-lunghezza d'onda del segnale che vuoi captare. Il segnale è sempre un segnale variabile nel tempo e quindi produce certamente effetti di induzione sull'antenna. Ma se l'antenna ha la geometria sbagliata allora i flussi concatenati con le varie sezioni dell'antenna producono effetti opposti cancellandosi vicendevolmente. Se riesco a farti vedere l'analogia tra l'antenna e la spira che deve captare il segnale dovresti riuscire a capire qual è il ruolo dell'area. Se il campo non è uniforme, come nel caso del tuo primo esperimento, allora accade che alcuni sezioni (aree) della spira vedano un flusso che varia in un senso ed altre vedano una variazione opposta. Il segnale captato dalla spira (la corrente che circola) è prodotto da cause che darebbero contributi contrastanti (è ciò che ti diceva il professore di cui abbiamo già discusso). Il risultato è che la corrente che circola è più bassa di quella che ti aspetteresti perchè le cause che la producono si cancellano (parzialmente) vicendevolmente. Ma questo non deve e non può farti pensare che le correnti possano essere diverse in diverse sezioni della spira. La corrente è sempre una sola. Le cause della corrente si sommano ma il risultato (la corrente) rimane unico.
In definitiva, il calcolo delle variazioni di flusso attraverso l'area della tua spira ti dice in che modo le variazioni spaziali del campo (che variano nel tempo) si accoppino con la tua spira. Ti consentono di calcolare la quantità di energia che può essere assorbita dalla spira (date le geometrie della spira e del campo) e quindi corrispondono ai valori di corrente che possono essere generati.

forse una specie di *fluido elettrico continuo* che naviga nel rame? spero di no (però anche qui avrei una citazione da fare).

Questa frase è meno stupida di quanto tu, apparentemente, creda. Ti ho detto che ciò di cui tu puoi parlare è solo il moto collettivo degli elettroni. Quando ti parlo di nube elettronica costituita da elettroni liberi che possono diffondere tra i nuclei atomici parlo di qualcosa che non si allontana molto da questo concetto, certamente semplicistico, di fluido che scorre. Anche l'aggettivo "continuo" assume un significato anche se spostiamo il discorso in ambito quantistico. Il numero degli elettroni disponibili è certamente un numero intero, quindi se vuoi è quantizzato. Ma l'energia associabile all'elettrone non è quantizzata. Gli elettroni sono in banda di valenza, cioè sono, come ti ho detto, liberi. L'energia è quantizzata solo per elettroni legati che devono occupare uno dei liveli atomici quantizzati. La corrente elettrica è una quantità che assume valori continui e, una volta fissati gli altri parametri rilevanti (macroscopicamente l'impedenza e la differenza di potenziale o la forza elettromtrice) è legata all'energia che quindi può assumere anch'essa valori continui.

tu stesso hai ammesso che le cose non cambierebbero per un elettrone fermo (rispetto al laboratorio) se investito da un campo che si muove (rispetto al laboratorio)

Non credo di aver detto mai, letteralmente, qualcosa di questo tipo. Ho provato a rileggere velocemente e non trovo dove l'avrei scritto. Comunque, se l'ho scritto in questi termini ho scritto una cavolata e, in questo momento, non ho idea di che cosa avrei voluto dire.
Forse scrivevo in un momento in cui mi limitavo a parlare delle equazioni di Maxwell, per cui utilizzavo la parola "elettrone" come sinonimo di "particella carica". Ma sempre di una descrizione macroscopica si trattava. Poi tu mi hai detto che non ti interessava tanto quello che dicesse Maxwell quanto una descrizione del problema e delle cause che fosse la mia, in quanto fisico moderno. Spostato il discorso in questo senso, un elettrone diviene un elettrone e non è più una banale particella carica classica.
Qualunque cosa io abbia mai scritto, io non riesco nemmeno a concepire cosa possa voler dire che un elettrone è fermo rispetto al sistema di riferimento del laboratorio (o qualsiasi altro sistema di riferimento). Il massimo che posso riuscire a concepire è un elettrone il cui baricentro del moto sia fermo rispetto al sistema di riferimento. Il che vorrebbe dire che il moto dell'elettrone è confinato all'interno di un volume finito, ma grande rispetto alle dimensioni associabili all'elettrone (la sua lunghezza d'onda). Ma l'elettrone è qualcosa che è ovunque entro quel volume così come l'alettrone è qualcosa che è ovunque dentro la spira del nostro discorso attuale. L'elettrone fermo in un punto non è nemmeno concepibile a meno di non immaginare che esso si trovi in quel punto da un tempo infinito e che continuerà a restare in quel punto per un tempo altrettanto infinito. Il fatto che l'Universo abbia un tempo di vita finito (per quanto lungo) esclude abbondantemente che questa ipotesi possa essere verificata o almeno approssimata su distanze inferiori alla lunghezza d'onda dell'elettrone.
Supponiamo quindi che la corrente sia un moto di elettroni causato da un'interazione diretta campo-elettrone, allora l'elettrone si muoverà a 90 gradi rispetto a come si muove il campo: se questa direzione a 90 gradi è parallela al filo che ospita l'elettrone avrò ampere, se ortogonale nò perchè l'elettrone girerebbe attorno al filo. Oppure ho detto una bestialità?

Credo di averti già dato la risposta. Se la spira non è orientata opportunamente non vi è trasferimento di energia perchè essa non vede il campo. Pensare in termini di forze generate sui singoli elettroni è fuorviante dato che non puoi dire cosa accade al singolo elettrone. Non puoi dirlo per definizione di elettrone e non per incapacità tecnica. La corrente è unica, è solo il risultato di un flusso di energia, è una costante attraverso il conduttore e il pensare che possano esistere correnti dirette in direzioni diverse in tratti della spira orientati diversamente rispetto al campo è un pensiero sbagliato, sia dal punto di vista elettrodinamico che da quello termodinamico.
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Re: induzione

Messaggio da teoria del tutto » 19/10/2015, 20:43

Non so se le curve vengono calcolate in una spirale di aria sono sempre spirali direzionate da un filo.se io uso un'unica direzione come fa ginos trovo una curva differente per ogni posizione spazio tempo della spirale.le curve dei motori trovano solo la curva in entrata e in uscita quindi una media delle curve.difficilmente mi daranno una curva riguardante solo l'asse di rotazione penso.
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Re: induzione

Messaggio da ginos » 19/10/2015, 21:19

> > comincio con una battuta polemica, l'energia nelle onde radio c'è certamente, ma nel caso dell'alternatore non vedo da dove potrebbe provenire, io sto girando il rotore senza far fatica (la fornirò io con l'intreccio dei campi quando il circuito verrà chiuso).
> ... Qui mi pare proprio che tu stia valutando le cose da una prospettiva decisamente errata. Se il rotore gira lo fa perchè qualcosa (una forza) sta compiendo lavoro ...

Scusami, ma se il rotore non avesse attriti, una volta *lanciato* (fornendogli una piccolissima emergia) girebbe in eterno.
Se gli avvicini lo statore *aperto* e se supponi che costui non generi correnti fasulle (eddies, focault. ...) il rotore continuerebbe a girare indisturbato. Non appena chiudi lo statore, le bobine generano un campo magnetico (direi opposto, ho notato che si respingono) che si *abbraccia* con quello del rotore e lo inchioda all'istante se non ti metti a manovellare d'impegno.
Se ben capisco tu ragioni così: le onde elettromagnetiche sono tante e ciascuna nel tempo porta l'energia con cui è satata caricata: 5 minuti di trasmissione a un tot di watt - ricevo per 5 minuti una parte di quei watt. Analogamente il rotore dispone di un pochettino di energia subito trasferita appeno chiudo lo statore e se voglio continuare a fornigli energia per scaldare le sue spire devo continuare a sgugnare? E' evidente, e mi pareva d'aver detto proprio questo. Comunque mi sembrerebbero sottigliezze, non mi accapiglierei per questo e mi pento d'aver fatto la battuta: distoglie dalla questione che per me è rilevante.

> Quindi è del tutto evidente che il grafico che descrive l'efficienza del tuo alternatore (a regime di rotazione fisso) descriva una funzione del carico e che questa funzione debba avere un massimo. Direi che è impossibile che questa curva possa essere una costante in funzione del carico.

Ovvio, l'ho fatto notare perchè certi teorici direbbero che diminuendo la richiesta di potenza il rendimento tende sempre a crescere. Tieni presente che lo scopo del mio lavoro era quello di massimizzare il rendimento (anche a bassi giri e basse potenze) dato un tot di kg di neodimio a disposizione fregandosene (in prima approssimazione) di costi e potenze. Arrivati al risultato naturalmente occorre mediare e aggiustare. In commercio non esistono aggeggi del genere (costerebbero troppo per gli usi normali)

> Allo stesso modo, se ci pensi su un attimo, diviene evidente che la curva che descrive l'efficienza in funzione del regime di rotazione (a carico fisso) non possa essere una costante ma debba necessariamente essere una curva con un massimo.

Io non penso, misuro e rimisuro e le misure dicono il contrario. Certo posso sbagliare (ma si può venire a verificare). Ho capito perchè i fabbricanti ottengono delle curve: perchè trovata una potenza accettabile ai giri minimi con cui vogliono proporre l'aggeggio e la potenza ok ai giri massimi, per far bella figura tirano una retta (o circa) fra i due punti (mio cognato dice che così facendo si riesce ugualmente a smaltire il calore in eccesso). Invece la curva di potenza *a rendimeto costante* risulta una curva (basta che tiri le rette dei volt e degli ampere con il valore di ohm che hai trovato soddisfacente, poi le moltipichi e vedi un curva che s'impenna velocemente - non so se ha un nome-). In sintesi: i fabbricanti preferiscono far bella figura con le potenze piuttosto che col rendimento. Magari dichiarano il rendimento solo ai giri max e min ... tanto chi va a verificare ai giri intermedi?

> Ora io non ho ben capito come tu abbia valutato i rendimenti.

Se vuoi posso postare il metodo, ma è un po lunghetto: magari lo faccio a parte, vero che l'ho fatto verificare da molti, ma due occhi in più non guastano

> Ho collegato l'asse del rotore con un motore elettrico il cui rendimento mi era noto (ho utilizzato un motore di qualità nuovo di zecca ed ho fatto riferimento alle sue curve di rendimento fornite dal costruttore) ...

Metodo classico, bisogna però essere ben sicuri dei dati dichiarati (e che non ti abbiano fatto entrambi lo scherzetto della retta fra i due punti della potenza). Certamente io ero favorito dalla particolare geometria del mio aggeggio (non riuscirei a farlo con un motore normale) ma visto che è cosa di tua competenza e interesse posterò senz'altro il mio metodo.

> > Quindi mi pare che la questione resta la seguente: *chi è che interagisce con la variazione del campo magnetico?*
> > dico *interagisce fisicamente*
> > l'area, la spira, gli elettroni?

> Te l'ho già detto. Ciò che interagisce è la spira intesa come l'insieme del filo conduttore e dell'area racchiusa dal filo.

Sì, me l'hai detto, ma io sostengo che questa, come hai detto anche tu, è solo una *astrazione* utile per definire un metodo di calcolo. Di antenne non so nulla e credo ciecamente cio' che dici, ma il caso da me proposto è talmente semplice che si deve poter estendere il ragionamento: il movimento è costante e parallelo al filo, il campo mantiene costante il suo orientamento, non c'è nulla che assomigli ad un'onda ...

> > forse una specie di *fluido elettrico continuo* che naviga nel rame? spero di no (però anche qui avrei una citazione da fare).

> Questa frase è meno stupida di quanto tu, apparentemente, creda. Ti ho detto che ciò di cui tu puoi parlare è solo il moto collettivo degli elettroni. Quando ti parlo di nube elettronica costituita da elettroni liberi che possono diffondere tra i nuclei atomici parlo di qualcosa che non si allontana molto da questo concetto, certamente semplicistico, di fluido che scorre. Anche l'aggettivo "continuo" assume un significato anche se spostiamo il discorso in ambito quantistico. Il numero degli elettroni disponibili è certamente un numero intero, quindi se vuoi è quantizzato. Ma l'energia associabile all'elettrone non è quantizzata. Gli elettroni sono in banda di valenza, cioè sono, come ti ho detto, liberi. L'energia è quantizzata solo per elettroni legati che devono occupare uno dei liveli atomici quantizzati. La corrente elettrica è una quantità che assume valori continui e, una volta fissati gli altri parametri rilevanti (macroscopicamente l'impedenza e la differenza di potenziale o la forza elettromtrice) è legata all'energia che quindi può assumere anch'essa valori continui.

interssantissimo, non lo sapevo, ma sospettavo qualcosa del genere letto un certo link che ho postato il 16 scorso e che riporto:
--------------------------------------------------------------------------------------------------------
http://www.bo.infn.it/~bruni/didattica/ ... ioneEM.pdf
Origine fisica della legge di Faraday: come abbiamo visto, ci sono due casi
primitivi da considerare
- un conduttore e` in moto relativo rispetto alle sorgenti di un campo magnetico
- un campo magnetico variabile nel tempo si concatena con un circuito a riposo
Ancora sul legame E vs B
- Magnete permanente in moto rispetto ad una spira
- osservatore solidale con il magnete
la spira si muove nel campo magnetico del magnete e i suoi elettroni si
mettono in moto sotto la forza di Lorentz . il campo magnetico spiega tutto
- osservatore solidale con la spira
il magnete si muove, il flusso concatenato cambia, nasce una f.e.m. indotta
e gli elettroni si mettono in moto. introduco il campo elettrico indotto che
spiega tutto
I campi elettrico e magnetico sono componenti del tensore del campo
elettromagnetico
-------------------------------------------------------------------------

Quindi tu sottoscriveresti che <nasce una f.e.m. indotta e gli elettroni si mettono in moto>
La mia natura di fabbro si ribella
Inoltre ricompare l'asimmetria per quanto tamponata da <I campi elettrico e magnetico sono componenti del tensore del campo
elettromagnetico>
Poi mi sono appena riletto Rovelli sulla teoria della gravità a loop e mi sento giustificato nel ritenere che il continuo non esiste.


> Non credo di aver detto mai, letteralmente, qualcosa di questo tipo ...

anche qui devo chiedere scusa , ho fatto il furbo per sbeffeggiare quelli che, a mio parere, esagerano coi *sistemi di riferimento* dovevo limitarmi al resto della frase che suona <roba che molto più chiaramente si può tradurre dicendo che quel che conta è il moto relativo.> e mi riferivo alla tua seguente opinione:
------------------------------------------------------------------------------------------
... Tu fai un'osservazione che è fisicamente corretta. Tu, in pratica dici: se le uniche cariche esistenti sono gli elettroni e gli elettroni esistono solo nel conduttore perchè dovrei tirare in ballo l'area della spira e non dovrei parlare semplicemente delle forze, ad esempio la forza di Lorentz, che agiscono direttamente sugli elettroni?
In linea di principio avresti ragione, ma ti dimentichi di un dettaglio fondamentale. Per poter calcolare la forza di Lorentz io dovrei conoscere in ogni punto il valore del campo elettrico e del campo magnetico ...........
-------------------------------------------------------------------------------------------
e io avevo capito che l'unico problema era la maggior complessità di calcolo.


> > Supponiamo quindi che la corrente sia un moto di elettroni causato da un'interazione diretta campo-elettrone, allora l'elettrone si muoverà a 90 gradi rispetto a come si muove il campo: se questa direzione a 90 gradi è parallela al filo che ospita l'elettrone avrò ampere, se ortogonale nò perchè l'elettrone girerebbe attorno al filo. Oppure ho detto una bestialità?

> Credo di averti già dato la risposta. Se la spira non è orientata opportunamente non vi è trasferimento di energia perchè essa non vede il campo. Pensare in termini di forze generate sui singoli elettroni è fuorviante dato che non puoi dire cosa accade al singolo elettrone. Non puoi dirlo per definizione di elettrone e non per incapacità tecnica. La corrente è unica, è solo il risultato di un flusso di energia, è una costante attraverso il conduttore e il pensare che possano esistere correnti dirette in direzioni diverse in tratti della spira orientati diversamente rispetto al campo è un pensiero sbagliato, sia dal punto di vista elettrodinamico che da quello termodinamico.

Inutile ripetere che non ne sono convinto. Supponi che che la corrente non sia proprio un movimento di elettroni, ma che sia il movimento di *puzza di elettroni* magari chiamata *proto.f.e.m*, deve pur fare qualcosa di diverso rispetto al filo a seconda del suo orientamento. A me pare che il problema resti. Non può essere questione di matematica, ma di osservazioni e di modello fisico che assumi.

Però da qualche parte ho letto che gli elettroni girerebbero attorno al filo: la tesi di un pazzo? di un eretico?
voglio provare a cercare. Pubblico quella roba. Ciao.
ginos
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Re: induzione

Messaggio da ginos » 19/10/2015, 21:51

Trascrivo descrizione di un metodo per misurare il rendimento di un tipo particolaredi alternatore

... Naturalmente per “provare e riprovare” occorre disporre di strumenti di misura adeguati e la misura del “rendimento” è fondamentale. Occorre perciò misurare la potenza elettrica generata e per far questo basta disporre di due tester (uno per i volt e l’altro per gli ampere) unitamente ad un pacco di resistenze adeguate (che fatica arrivare a capire i valori da usare!) Certo un wattametro di buona precisione sarebbe meglio, ma mi hanno detto (ed anche verificato) che lavorando sulla corrente raddrizzata i valori corrispondono abbastanza. Poi occorre misurare la potenza meccanica assorbita, ma questa è cosa molto meno facile da fare.

Volete sapere come reagiscono alcuni “appassionati internettiani” quando si solleva la questione e loro non dispongono dell’attrezzatura necessaria? Beh, c’è chi dice che il rendimento non è importante perché il vento è dappertutto e quindi si può ingrandire la ventola a compensare (quasi che i costi non dipendessero anche dalle dimensioni) tipica reazione stile “la volpe e l’uva”. C’è poi chi sciorina formule e curve riferite ad alternatori “radiali”, progettati per giri elevati e costanti nonché per potenze molto maggiori, e questo senza aver il buon senso d’aggiungere almeno un punto interrogativo. E tutto questo senza considerare l’enorme differenza con gli standard dovuta all’assenza del nucleo ferroso nelle bobine!

Prima di descrivere il metodo che uso, ricordo che un alternatore “assiale” monorotore-monostatore è fatto di due dischi affacciati. Il rotore è il disco che ruota e su di una faccia porta i magneti permanenti, mentre lo statore sta fermo e porta le bobine di rame in cui viene generata una corrente alternata (nel mio caso trifase, che però esce continua grazie ad apposito ponte raddrizzatore).

Per generare il movimento uso un motovariatore che fa girare un albero (supportato da due cuscinetti oscillanti) alla cui estremità viene montato il rotore (di cui è possibile regolare ortogonalità e centratura). A fronte del precedente c’è un altro albero, coassiale e folle, sul quale si monta lo statore (e anche di questo è possibile regolare ortogonalità e centratura). E’ inoltre possibile regolare il “traferro”, cioè la distanza fra rotore e statore (allentando i grani di bloccaggio dei cuscinetti e spostando l’albero dello statore).

Allo statore è applicato un braccio, lungo quanto opportuno in funzione dei watt da misurare e della scala della bilancia. La bilancia è posizionata in piano sotto l’estremità del braccio e alla stessa altezza dell’asse dal piano di terra (altrimenti si introducono errori di pesatura). E’ bene che la bilancia sia elettronica, di buona qualità, sensibile almeno fino al grammo e che consenta d’essere azzerata per eliminare la tara (mantenere qualche etto di peso a dispositivo fermo). I cuscinetti dell’albero dello statore devono essere senza protezioni, ben sgrassati e spruzzati con olio detergente in modo che lo statore possa oscillare con pochissima resistenza. (NB. Per testare un “birotore” questo schema non va bene, ma se il birotore ha l’albero bisporgente, è facile predisporre un sistema simile).

Come sapete, se il circuito elettrico dello statore è chiuso, la rotazione del rotore induce una corrente elettrica di intensità variabile in funzione della “resistenza” inserita fra i due fili in uscita (nel mio caso c’è un pacco di resistenze in grado di reggere 500 watt a 10 ohm e dove la resistenza può essere regolata da 10 a 240 ohm con intervalli via via crescenti). Quanto più la resistenza fra i due fili è bassa, tanto maggiori saranno i watt elettrici generati (pari al prodotto volt x ampere letti nei tester con l’avvertimento che se c’è di mezzo il raddrizzatore occorre aggiungere 1,6 ai volt per escludere le perdite relative).

Bisogna però vedere cosa succede ai watt meccanici richiesti al motovariatore e questi watt si ricavano dalla la coppia di reazione agente sullo statore e scaricata sulla bilancia dal braccio apposito. Ecco la formula (che uso senza pormi domande essendomi stata confermata da esperti di cui mi fido):

Siano KG quelli che si leggono sulla bilancia.
Sia (ad es.) 1,675 la lunghezza in metri del braccio (dal punto di appoggio sulla bilancia al centro degli assi).
Sia GIRI il numero dei giri al minuto del rotore.
KG x 9,81 x 1,675 = Nm di coppia
Watt all’albero = Nm di coppia x GIRI / 9,550
(sinteticamente = KG x GIRI x 1,72)

Naturalmente il rendimento deriva dal rapporto fra le due potenze. La misura non comprende le perdite meccaniche (quelle dovute ai cuscinetti e un pochino anche all’aerodinamica del rotore) perché con questo sistema esse agiscono solo sull’albero del rotore. Comunque si tratta di pochissimi watt (un cuscinetto economico, protetto, di diametro interno di 40 mm, se non ho fatto errori di misura, assorbe meno di 1 watt a 200 giri).

Un avvertimento. Il metodo di misura usato presuppone che la coppia resistente misurata sullo statore sia identica a quella agente sul rotore (salvo quanto dovuto ai cuscinetti e all’aerodinamica) e questo appellandomi al principio di azione e reazione essendo rotore e statore collegati da un intreccio di campi magnetici. Confesso di non essere ben certo che non si possano generare forze che impattano sul rotore e non sullo statore facendo apparire la situazione più rosea di quanto non sia in realtà. Ho sottoposto questo metodo di misura ad alcuni ingegneri e tutti mi hanno confermato che è corretto. Alcuni hanno aggiunto che sarebbe meglio misurare la potenza assorbita dal motovariatore (quello che aziona lo statore) utilizzando un motore “tarato”. Tale dispositivo è difficilmente reperibile, perciò mi resta un minimo di dubbio.

Certo il “rendimento elettrico” sarebbe calcolabile a priori in funzione degli ohm dello statore e degli ohm del carico. Forse è questo che induce taluni .....
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ecco la documentazione di un assiale (è un po'vecchia, ci sarebbero da aggiustare certe robe)
Immagine

questo invece è quello di un alternatore della Alxion (manca la curva della potenza ma è facilmente visibile agganciando il loro sito)
Immagine
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