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induzione

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francesco.aliotta
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Re: induzione

Messaggio da francesco.aliotta » 13/10/2015, 6:37

Aspie96 ha scritto
Ma i tuoi alunni ti danno davvero del tu?


Certamente! Anche se chiamarli alunni mi pare un po' riduttivo. Io non sono un universitario, quindi non tengo corsi istituzionali. Gli studenti con cui interagisco sono sempre studenti di corsi avanzati. O interagiscono con me per svolgere un lavoro di tesi che li coinvolga in attività di ricerca, o sono studenti di un corso di Dottorato. A volte sono studenti che vengono da istituzioni straniere per un periodo di formazione nel nostro istituto (ma questi non contano. Se parliamo in Inglese la distinzione tra tu e lei sparisce da sola).
ginos
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Re: induzione

Messaggio da ginos » 13/10/2015, 13:02

Documento una osservazione i cui risultati mi paiono in contrasto con la legge di Faraday, almeno rispetto a come *io capisco* l'espressione formale con la quale viene presentata nel Frank del 1963 fornitami da un vecchio ingegnere elettronico (vecchio quanto me o quasi :-( ).
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... Se il campo magnetico nella regione in cui si trova la spira viene modificato in una qualunque maniera (ad esempio modificando la corrente nei circuiti vicini, ovvero muovendo tali circuiti senza alterarne la corrente), si induce nella spira una f.e.m. uguale alla derivata, cambiata di segno, del flusso di induzione magnetica concatenato con la spira stessa. Si intende per flusso di induzione magnetica concatenato con il circuito, il flusso dell’induzione magnetica attraverso una qualunque superficie che abbia il circuito come contorno. ...
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ecco il test
Immagine
(fu fatto per altri scopi, si voleva vedere la forma d'onda in quanto un tale sosteneva che *al di là* del centro di rotazione di un magnete *qualcosa* cambiava di segno ... oggi invece sono certo, grazie ad un altro test, che qualsiasi *disturbo* del campo magnetico nei pressi di un conduttore induce una sinusoide regolare e che la geometria dell’apparato può solo *disturbare* la *regolarità* della sinusoide stessa)

Come si vede un magnete entra ed esce da una spira di 120x60 cm ruotando attorno ad uno dei lati. Gli altri 3 lati sono troppo lontani per essere influenzati. La rotazione del magnete può essere coassiale al filo e in tal caso la tensione tende a zero mentre aumenta quanto più il filo è eccentrico.

Stando alla lettera della legge di Faraday, la variazione del campo magnetico *nell’area della spira* cambia assai poco nei cinque casi mostrati. Anche quando il filo è centrato esiste una variazione nell’area della spira e perciò la tensione non dovrebbe andare a zero

Credo quindi che l’interazione avvenga fra campo e filo, e che l’area della spira vada bene *solo per fare i conti* e nei casi normali, cioè quando l’area sia sufficientemente correlabile alla lunghezza del filo (attivo) della spira. Quando il filo è centrato, il campo magnetico attorno a lui ruota, ma non cambia di intensità.

Quindi la Legge di Faraday, in quella formulazione, non consente d’immaginare un *modello fisico accettabile* del fenomeno induzione.

Tutto questo conferma ciò che si poteva immaginare anche *giocando* con i pezzi di questo alternatore amatoriale (che non è uno scherzo, pur limitando il carico in modo che il rendimento superi il 90%, sui 600 rpm arriva a 3-4 kW, e si noti che il rendimento resta costante al calare dei giri, almeno fino a 50 rpm)

Immagine

Posizionando in verticale un singola bobina sopra il rotore in rotazione (vedi schizzo sottostante), si misura quasi la metà della tensione che si ha con la bobina in posizione normale, perciò è evidente che l’interazione avviene direttamente coi fili e non indirettamente tramite il foro della bobina.

Posizionando poi una singola bobina in verticale ma coi fili *paralleli* al movimento nei magneti, la tensione, come noto, scende a zero, quindi questi tratti di filo *non sono attivi* e questo può sembrare strano. In realtà l’interazione non dovrebbe avvenire neanche col filo, ma *con gli elettroni del filo*. Cosa hanno di diverso gli elettroni dei fili paralleli al movimento dei magneti? Nulla, forse è colpa della *ortogonalità delle forze in gioco*, forse in quei tratti di filo la corrente sarebbe indotta a procedere *attorno* al filo, cioè girerebbe a vuoto :-)

Per ora mi fermo qui e chiedo:

- E’ esatta la spiegazione che mi sono data sulla inattività dei fili paralleli al movimento dei magneti?

- Non esiste una spiegazione, alternativa alla mia, sulla tensione a zero con filo centrato rispetto alla rotazione del magnete?

- Se tale spiegazione alternativa non esistesse, non si potrebbe invocare *sempre* la forza di Lorentz anche quando sono i magneti a muoversi? Essa non sarebbe certo contraddetta dal magnete che gira attorno al filo. Fra l’altro anche Francesco scrive: “ Il fatto che tu abbia in una mano un magnete e nell'altra una spira e che il risultato del tuo esperimento sia indipendente da quale mano tu stia muovendo dovrebbe dirti immediatamente che il fenomeno dipende solo ed esclusivamente dal moto relativo dei due oggetti, non dal loro moto rispetto ad un sistema di riferimento particolare.”

Saluto tutti e mi complimento per questo interessantissimo forum
francesco.aliotta
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Re: induzione

Messaggio da francesco.aliotta » 13/10/2015, 17:55

Ho dato un'occhiata anche se fugace al tuo ultimo post. Non ti rispondo immediatamente perchè c'è qualcosa che non mi è chiaro guardando le tracce all'oscilloscopio che mi hai postato. Istintivamente, mi aspetterei qualcosa che assomigli un po' di più ad una sinusoide. Poi c'è una simmetria strana che non mi è del tutto chiara. Vedo che la traccia 1 è praticamente speculare alla traccia 5. E lo stesso per la traccia 2 rispetto alla 4. Che ci sia una simmetria legata al fuori-asse del filo è evidente. Ma per capire perchè sia quella che tu rilevi mi serve un po' di tempo libero per pensarci.
Intanto, avrei una domanda. Non vedo l'informazione nel post, forse sono stato tropo frettoloso. Comunque, la domanda è: come è orientato il magnete rispetto all'asse di rotazione?

Infine, ho pensato a cosa volesse dire Bevilacqua (che secondo me non poteva aver detto ciò che sembrava avesse detto) e credo di averlo compreso. Al solito, per essere certo di quanto ti dico avrei dovuto ascoltare il suo discorso mentre presentava quelle slide.
Comunque, quello che mi è venuto in mente mi pare ragionevole per cui te lo racconto sinteticamente.
Bevilacqua dice:
1) Se l'osservatore è solidale con il magnete, allora egli vede la spira muoversi rispetto al campo magnetico. Di conseguenza, vede che gli elettroni si muovono sotto l'azione della forza di Lorentz. In questo caso tutto appare spiegato in funzione del campo magnetico.
2) Se l'osservatore è solidale con la spira allora egli vede muoversi il magnete. Quindi osserva una variazione del flusso concatenato la quale produce una forza elettromotrice indotta che agisce sugli elettroni mettendoli in moto. Questa volta la spiegazione di ciò che osservo è formulata in termini di campo elettrico indotto.

E' ovvio che se guardo le cose in questi termini vedo che la spiegazione dipende dall'osservatore. Nessuno può negare che un discorso fatto in questi termini produca un'asimmetria che rende il tutto decisamente insoddisfacente.

Però, non è questo quello che dicono le equazioni di Maxwell. Per lo meno, non lo dicono in questi termini. Maxwell nel descrivere il tutto ha introdotto il tensore campo elettro-magnetico. Il campo elettrico ed il campo magnetico sono invece vettori. Però rappresentano due componenti del tensore campo elettro-magnetico. Maxwell spiega tutto in funzione del tensore campo-elettromagnetico. Se ragioni in termini di campo elettromagnetico ti rendi conto che la spiegazione è unica. E' ovvio che le componenti del campo elettromagnetico che vedo variare siano diverse in due sistemi di riferimento inerziali diversi, dato che si combinano con il vettore velocità. Ma quello che conta per rendere la spiegazione invariante è che non cambi la risultante, cioè il campo elettro-magnetico e le sue variazioni. L'asimmetria esisteva certamente senza la visione unificatrice di Maxwell. Poi, uno può sempre continuare a utilizzare nei calcoli la forza di Lorentz o le variazioni di flusso concatenato, dipendendo dalla geometria del problema. Questo può sicuramente semplificare i calcoli e darti risultati corretti. Lavorare con vettori è sicuramente più semplice che imbarcarsi in un calcolo tensoriale. Ma non bisogna cadere nell'errore di pensare che facendo così sto esaminando il problema in toto. Sto semplicemente autolimitandomi a calcolare le uniche componenti che cambiano dal mio particolare punto di vista. Nella realtà il fenomeno osservato non deve essere ricondotto ne al campo elettrico e nemmeno al campo magnetico. La causa è sempre la stessa ed è il campo elettro-magnetico. Questo fatto rimuove ogni possibile asimmetria.
Io credo che Bevilacqua debba aver fatto un discorso di questo tipo nel presentare le sue slide.
ginos
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Re: induzione

Messaggio da ginos » 13/10/2015, 20:52

Sì, ho dimenticato di dire che l'asse polare è rivolto verso il centro di rotazione.
Si, due delle curve sono speculari, il Reed indica il passaggio del magente sul piano dell'assicella su cui è fissato il filo, in 3 è nel centro di rotazione, 1 e 2 sono decentramenti, 4 e 5 idem ma nell'altra parte del centro (quindi inutili, col senno di poi)
La forma strana della sinusoide dipende, credo, dal fatto che, ruotando, il magnete *schiaccia* quello che vorrebbe essere una sinusoide regolare
lo dimostra quest'altro test (grossolano, è quello che ho rifatto molto meglio ma solo col tester e che vorrei rifare anche con l'oscilloscopio -che non posseggo e non so usare-) qui un magnetino viene fatto oscillare avanti e indietro nei pressi di una bobina e vedi una bella sinusoide. La vedi comunque tu orienti l'asse del segetto, dentro e fuori del buco. Anche col magnete rotante esso si avvicina e allontana, ma in modo molto più incasinato.
Immagine

Tu scrivi:
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... E' ovvio che se guardo le cose in questi termini vedo che la spiegazione dipende dall'osservatore. Nessuno può negare che un discorso fatto in questi termini produca un'asimmetria che rende il tutto decisamente insoddisfacente. Però, non è questo quello che dicono le equazioni di Maxwell ....
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Come sai, io non sono in grado di *leggere* la matematica di Maxwell (che mi pare sia poi una sintesi fatta da altri) per ricavarcene un significato fisico. Su questo ho litigato con alcuni che invece mi pare interpretino la cosa nel senso che tu disapprovi (e pare lo faccia pure Einsten nel 1905 con un fraseologia che più contorta non si potrebbe immaginare). Uno era un professore eretico che sperava di potersi liberare della RR dimostrando che l'induzione è proprio un fenomeno asimmetrico (ma non c'è riuscito e l'hanno messo al bando). Un altro è un prof. in pensione assai ortodosso ed iracondo che è arrivato al punto di bandire le trasformazionidi Lorentz dai primi insegnamenti della RR. Un altro professore descrive il fenomeno in questo modo:
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... La tua perplessita' nasce dal fatto che ti raffiguri un campo elettrico come qualcosa di materiale, una "nebbiolina", che *o* c'e' *o* non c'e'.
Ti sembra allora che il modello sia contraddittorio: come, se sto fermo non c'e' nessuna nebbiolina e rimango perfettamente asciutto; se invece
mi muovo mi infradicio tutto (e non soltanto davanti, ma anche di dietro...) ma allora la nebbiolina c'e' o non c'e' ??? Quant'e' *realmente* l'umidita'
presente nell'aria?

La perplessita' sparisce (*deve* sparire) se tieni conto di come di *definisce* il campo elettrico: l'effetto che si riscontra (ossia la forza che si puo' *misurare*), in ogni punto di una zona di spazio, su una carica elettrica unitaria.

Considera allora un magnete fermo, e vicino ad esso, circa nella stessa posizione ma abbastanza distanti da non interagire *fra loro*, un elettrone *fermo* F e un altro elettrone M che si muove con velocita' v (vettore).

F rimane fermo: ne concludiamo che *li'* il campo elettrico e' nullo. M invece devia, e' soggetto ad un'accelerazione: ma questa non puo' essere dovuta al campo elettrico, che in quella posizione e' nullo; pero' M, a differenza di F, e' in moto: ne concludiamo che su M agisce una forza dovuta solo al campo magnetico ed alla velocita' v di M, la forza di Lorentz.

Mettiamoci adesso nel riferimento in cui M e' in quiete (e quindi il magnete, ed anche F, si muovono a velocita' -v). M risulta accelerato: ma nel nuovo riferimento *lui* non si muove, quindi non possiamo addebitare la sua accelerazione ad una forza di Lorentz. Ne concludiamo che li' ov'e' M c'e' un campo elettrico di un certo valore E (vettore).

Nella stessa posizione, allo stesso tempo, transita F; F si muove di moto rettilineo uniforme, quindi non e' accelerato; ma li' e' presente il campo
elettrico E, perche' F non ne risente e continua il suo moto rettilineo uniforme, mentre M ne risente?

La differenza e' che in questo riferimento M e' fermo, ma F no; quindi su M agisce solamente il campo elettrico, mentre su F puo' (e *deve*) agire
un'altra forza che annulla esattamente l'effetto del campo elettrico. Fatti i calcoli, la forza di Lorentz risulta avere esattamente intensita' e direzione di E, e verso opposto.
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Ma io continuai a chiedergli se questo campo elettrico davanti al magnete in movimento era stato misurato diverso da zero.
No, fino a quel momento non era stato misurato, ora lo si potrebbe misurare, ma nessuno ci perde tempo perchè c'è di sicuro. Cosi all'incirca mi disse.
Dopo molti altri battibecchi mi mise all'indice (cosi' come hanno fatto prima o poi tutti gli esperti, come pure gli eretici, esperti e non)

Insomma tu dici che in Maxwell l'asimmetria non c'è, eppure molti dicono che è stato Einstein ad eliminarla.

Comunque sia, a me parrebbe che il *modello fisico* derivabile dalla forza di Lorentz meglio si adatti alle osservazioni che ho fatto in *condizioni estreme* (che non so se esplorate da altri). Purtroppo però un'altra osservazione (che non ho presentato) mi ha mandato in confusione.

Prima di proseguire spero in un vostro commento alle mie tre domande finali.
Mi ci vorrà del tempo, anche perchè devo andare a mendicare l'uso dell'oscilloscopio da mio cognato (bravissimo elettronico) ingoiando il rospo di sentirmi dire "Adesso ti spiego perchè ti sbagli" ancor prima che io abbia finito d'esporre la questione :-)





ni l'asse bolty
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Re: induzione

Messaggio da teoria del tutto » 15/10/2015, 8:04

Io provo a rispondere pero non ho le conoscenze di aliotta.Finche il filo è in centro al campo vi è una stabilita nel momento che si sposta leggermente dal centro si modifica lo spazio tempo contorcendolo.penso sia l'effetto che permette ad un motore eletrico di girare un toroide serve a creare instabilita.visto le dimensioni del macchinario a reso instabile l'aria vincendo la gravita. Cambiano gli effetti invertendo i dispositivi nelle 2 mani.per me visto che le mani sono simmetriche ma non lo è il corpo che sorregge le braccia.il nostro corpo fatto di acqua per avere una forma deve produrre un campo eletrico diverso per renderlo vivo.se tiene gli oggetti al'altezza della vita la situazione sara la sua,se si sdraia a pancia in giu tenendo gli oggetti a filo pavimento sopra la testa la differenza tra una mano e l'altra sara limitata perche allontaniamo gli oggetti dalla parte asimetrica del nostro corpo.
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Re: induzione

Messaggio da francesco.aliotta » 15/10/2015, 13:46

Come sai, io non sono in grado di *leggere* la matematica di Maxwell

Questa frase mi cambia un attimo le prospettive. Dal fatto che tu fossi un informatico avevo dedotto che pur non avendo conoscenze di fisisa approfondite tu avessi comunque le conoscenze matematiche necessarie. Stavo quindi cercando di trovare il modo di darti una descrizione analitica di ciò che hai osservato nel tuo esperimento cercando una maniera per rendere il formalismo sufficientemente semplice perchè fosse accettabile all'interno di questo forum. Comunque, il fraintendimento non è colpa tua. Sono io che ho estrapolato troppo dalla tua presentazione sintetica.
Resta il fatto che se tu non sei in grado di leggere le equazioni di Maxwell allora devo tentare di proporti una descrizione a parole. Probabilmente potrei aiutarmi molto fornendoti una simulazione che evidenzi le linee di campo e le variazioni di flusso durante la rotazione. E' certamente possible ma, almeno in questo momento, non ho il tempo necessario a scrivere il programma. Dovrei scriverlo di sana pianta dato che non ho nulla di già pronto che possa essere adattato con qualche modifica. Magari trovo qualche pacchetto di simulazione già preconfezionato che mi semplifichi il compito...vedremo cosa riesco a fare nel tempo.

Intanto ti anticipo che, data la geometria del tuo esperimento (mi riferisco a quello in cui il magnete ruota intorno ad uno dei lati della spira) la mia intuizione originale che mi aveva fatto dire che mi aspettavo un segnale sinusoidale era scorretta. Ad un esame più attento, risulta chiaro che il segnale debba essere simile a quello che tu hai osservato.

Per cercare di darti una risposta che non risulti ambigua devo prima chiarire un paio di punti che, dal tuo ultimo post, mi sembra lo richiedano.

Parto dal discorso del professore che mi hai riportato:
... La tua perplessita' nasce dal fatto che ti raffiguri un campo elettrico come qualcosa di materiale, una "nebbiolina", che *o* c'e' *o* non c'e'.
Ti sembra allora che il modello sia contraddittorio
...La perplessita' sparisce (*deve* sparire) se tieni conto di come di *definisce* il campo elettrico: l'effetto che si riscontra (ossia la forza che si puo' *misurare*), in ogni punto di una zona di spazio, su una carica elettrica unitaria.

Le sue parole sono sostanzialmente corrette. Cerco di spiegarti meglio il concetto. Il punto è che per comprendere la teoria, e quindi le equazioni che la costituiscono, bisogna sempre tenere presente quali sono le astrazioni che il modello introduce per poter effettuare previsioni e quali sono invece i parametri che sono direttamente legati a quantità fisiche misurabili.
Dobbiamo partire dal concetto di campo.
Il campo (qualunque campo, non solo quello elettrico o magnetico o elettromgnetico ma anche, ad esempio, il campo gravitazionale o quello che preferisci) è un concetto astratto che descrive semplicemente una proprietà che viene attribuita allo spazio, in senso geometrico. Dire che esiste un campo significa solo che le proprietà dello spazio cessano di essere isotrope a causa della prensenza di qualcosa in un certo posto. Il punto in cui esiste questo qualcosa è un punto diverso da qualsiasi altro punto dello spazio. Il perchè è ovvio, quella posizione è occupata mentre tutte le altre possibili posizioni sono libere per essere occupate da altri oggetti.
Quindi, il semplice fatto di aver collocato un oggetto in un posto determina l'esistenza di un campo. Così come lo abbiamo definito è un oggetto estremamente semplice. E' un campo puntiforme. Ma è chiaro quale sia il concetto. Ora esiste un punto dello spazio che è immediatamente distinguibile da tutti gli altri punti. Io posso collocare un secondo oggetto dove mi pare ma non in quel punto specifico. Se ci provo, il secondo oggetto che cercherò di posizionare dove c'è il primo verrà respinto perchè urterà con esso. Se io invio ad esempio un pallino su una traiettoria che lo porta a collidere con il primo esso verrà deflesso, cioè cambieraà direzione il che vuol dire che subirà un'accelerazione.
Questo discorso è sicuramente estremamente semplicistico ma suggerisce quale sia il modo per poter accorgersi dell'esistenza di un campo e per misurarlo. Nel caso del campo elettrico, ad esempio, l'aver collocato una carica in una certa posizione cambia le proprietà di tutto lo spazio. Ogni punto dello spazio è caratterizzato ora da un vettore. Le componenti di questo vettore sono diverse in ogni punto dello spazio (indipendentemente dal sistema di riferimento adottato). Questo vettore locale è ovviamente una quantità astratta e l'insieme (infinito) di questi vettori costituisce quello che chiamo campo. In questo caso, ovviamente, stiamo parlando di un campo vettoriale. Il campo è il campo elettrico e i vettori puntuali sono i vettori campo elettrico in quel punto. Per misurare il campo in un punto posso fare solo una cosa: mettere una seconda carica in quel punto e stare a vedere cosa accade. Quello che accade è che la carica inizierà a muoversi accelerando. Se ne osservo la traiettoria nel tempo potrò misurare l'accelerazione. Dalla misura dell'accelerazione, se conosco il valore della mia carica di prova e la sua massa posso immediatamente calcolare il valore del campo in quel punto.
Questo dovrebbe chiarire un punto fondamentale. Io non posso misurare direttamente il valore del campo in quel punto. Posso solo misurarne gli effetti. Cioè posso solo misusrare quantità fisiche ben determinate. In questo caso misuro il valore della carica di prova, le diverse posizioni occupate dalla carica nel tempo e il tempo. Non posso misurare altro. Ma questa misura mi consente di calcolare il valore del campo in quel punto. Cioè mi consente di assegnare un valore fisico ad un oggetto che comunque resta una pura astrazione concettuale. L'astrazione concettuale del campo ha l'unico obiettivo di mettermi in condizione di calcolare ciò che farà la carica collocata in una certa posizione. Inoltre, mi mette in condizione di superare la difficoltà di spiegare come un oggetto posto a distanza dalla mia carica possa influenzarla senza contatto diretto. La prima carica altera le proprietà dello spazio e la seconda carica interagisce con le proprietà di questo spazio che ora cessa di essere isotropo. Poi posso trovare altre maniere per descrivere come cambiano le proprietà dello spazio. Ad esempio la curvatura dello spazio è una possibile alternativa. Anche gli effetti di polarizzazione introdotti nello spazio vuoto che tanto non ti soddisfano, giocano in fondo lo stesso ruolo: sono unicamente astrazioni mentali per razionalizzare ciò che si osserva. Un modo per poterci consentire di dominare la Natura facendo previsioni plausibili e verificabili. In fondo questo è il compito della Scienza. Razionalizzare l'Universo e consentirci di fare previsioni. Cerchiamo certamente di ottenere spiegazioni delle nostre formulazioni. Ma esiste sempre un livello fondamentale in cui dobbiamo adottare giocoforza un atteggiamento pragmatico. Qualcosa è descritta in un certo modo solo perchè la descrizione appare funzionare. Adotti provvisoriamente questo per buono ed usi la logica per fare tutte le previsioni che ne discendono. Dal punto di vista esplicativo, per quanto tu scenda in dettaglio, rimarrai sempre ad avere a che fare con qualcosa che non è ben dimostrato ne razionalmente chiaro.

Ma io continuai a chiedergli se questo campo elettrico davanti al magnete in movimento era stato misurato diverso da zero.
No, fino a quel momento non era stato misurato, ora lo si potrebbe misurare, ma nessuno ci perde tempo perchè c'è di sicuro. Cosi all'incirca mi disse.

Anche qui, la risposta che ti è stata data è sostanzialmente corretta. In un certo senso, il campo è stato misurato. Lo hai misurato anche tu nel tuo esperimento. Il campo non è altro che un insieme di vettori da associare ad ogni punto dello spazio che producono delle forze agenti sulle cariche esistenti accelerandole. Tu osservi una corrente nella spira e quindi la tua spira sta "osservando" l'esistenza di un campo e la rileva. Se tu volessi misurare effettivamente il campo, in senzo letterale, dovresti fare un lavoro immane. Dovresti collocare un carica in un punto dello spazio e misurare la forza esercitata su di essa durante il movimento del magnete. Quindi non un'unica misura, ma una sequenza infinita di misure negli infiniti istanti di tempo. Poi, dovresti ripetere l'operazione spostando la tua carica di prova nelle altre, infinite, possibili posizioni spaziali. Avresti alla fine un set infinito di vettori da associare ad ogni punto del tuo spazio tridimensionale continuo. Ogni misura che fai è solo una misura del valore del campo in quel punto. Ma non è il campo. Il campo è costituito dall'insieme degli infiniti vettori che dovresti misurare. Ovviamente nessuno potrà mai fare un numero di misure infinito. Quindi faresti un sacco di lavoro per avere solo un risultato approssimato per definizione. Certo, potresti interpolare i volori. Ma questo è ciò che fa l'equazione del campo. Lo fa in maniera generale e già verificata. Mi basta conoscere pochi parametri rilevanti e l'equazione mi fornisce immediatamente una funzione vettoriale delle tre coordinate spaziali che è il campo. Ecco perchè nessuno si sogna di sobbarcarsi il compito inutile di questa misura. Concettualmente è possibile. Praticamente posso procedere solo in via approssimata. Il modello fa meglio di quanto io potrei fare praticamente e tutto ciò chiude il discorso.

Avvicinandoci alla domanda relativa al tuo esperimento, occorre nuovamente chiarire che tu stai dando un significato fisico, nel senso di realtà materiale, ad altri concetti che sono pure astrazioni esplicative. Se il campo è un'astrazione deve esserti chiaro che anche il flusso del campo attraverso la superficie della spira è un'astrazione. Le linee di campo sono solo astrazioni per visualizzare le linee di forza. Il flusso del campo attraverso la spira è solo un modo per farti vedere come varia la distribuzione delle accelerazioni dovute al campo lungo la superficie della spira. Se vuoi, in maniera intuitiva, è solo un modo per visualizzare una densità di accelerazione per unità di superficie sulla sezione della spira.
Tu fai un'osservazione che è fisicamente corretta. Tu, in pratica dici: se le uniche cariche esistenti sono gli elettroni e gli elettroni esistono solo nel conduttore perchè dovrei tirare in ballo l'area della spira e non dovrei parlare semplicemente delle forze, ad esempio la forza di Lorentz, che agiscono direttamente sugli elettroni?
In linea di principio avresti ragione, ma ti dimentichi di un dettaglio fondamentale. Per poter calcolare la forza di Lorentz io dovrei conoscere in ogni punto il valore del campo elettrico e del campo magnetico (cioè il valore del campo elettromagnetico). Ma se tutto ciò che io conosco riguarda solo il magnete (cioè il campo magnetico da esso prodotto) il campo elettrico indotto è proprio l'incognita del mio problema. In soldoni io so solo che il moto degli elettroni lungo la spira è dato dalla somma degli effetti dei vari vettori campo elettrico lungo la spira che producono l'accelerazioni degli elettroni. Per calcolare tutto dovrei calcolare l'interale del campo indotto lungo il percorso chiuso rappresentato dalla spira (quello che si chiama circuitazione). Fortunatamente, esiste un teorema matematico dovuto a Gauss che dimostra che il valore di questo integrale si linea è uguale, ma di segno opposto, al valore della derivata temporale (la variazione istantanea) del flusso del campo magnetico attraverso la superficie. Se matematicamente le due operazioni producono lo stesso risultato è ovvio e conveniente adottare quella praticabile o quella più semplice. Se io conosco il campo magnetico e so calcolare come cambia nel tempo è ovvio che utilizzo un calcolo effettuato sulla superficie della spira. Ma qualsiasi calcolo adotti, ciò non significa che stia cambiando la fisica del problema. Cambia solo la procedura di calcolo. E se i calcoli sono equivalenti, come sono, la fisica è sempre la stessa. Gli elettroni sono accelerati dalla forza elettromotrice indotta sulla spira. In sintesi, come tu correttamente dici, l'azione del campo è esclusivamente un'azione sugli elettroni del conduttore e non sull'area della spira. Tutto ciò è corretto ma le equazioni non hanno mai detto cosa diversa.

Ed ora andiamo al nocciolo del tuo problema. Dopo una premessa corretta tu trai una conclusione scorretta, complice un'oscilloscopio di prestazioni modeste in relazione all'intensità dei segnali che dovresti rivelare. Per prima cosa bisogna rendersi conto di come funziona la geometria del tuo esperimento. Tu hai un campo magnetico (non so quanto intenso, dato che non so nulla sul magnete che hai utilizzato) prodotto da un magnete piccolo rispetto alla spira e collocato in prossimità di uno dei lati della spira. Il risultato ovvio è che il campo magnetico sull'area della spira (o sui suoi lati se preferisci) è fortemente non omogeneo. Sei lontanissimo dal verificare le condizioni di campo magnetico uniforme. Poi, tu fai ruotare il tuo magnete, con i poli allineati ortogonalmente ad uno dei lati della spira, intorno ad uno dei lati di questa. Se ti metti in un sistema di riferimento solidale con il piano della spira ti accorgi che in realtà il moto del magnete (intendo del baricentro del magnete) è dato dalla composizione di due moti. Uno è un moto di rotazione. L'asse del tuo magnete ruota di 360° su un piano perpendicolare al piano della spira mentre l'asse del motore che lo muove ruota di 360°. Ma mentre l'asse ruota il baricentro del magnete subisce anche un moto traslazionale dall'esterno della spira verso il centro e viceversa. Questo moto traslazionale si inverte ogni 180° ed è un moto armonico. Prova a visualizzare il campo magnetico della tua calamita. Se visualizzi le linee di campo vedrai che sono delle curve che si addensano ai due poli. Ora immagina che il tuo magnete si trovi allineato sul piano della spira ma esternamente ad essa (una delle due posizioni di elongazione massima). Prova ad immaginare cosa succede alle linee di flusso che attraversano il magnete in queste condizioni quando sposti leggermente il magnete intorno alla sua posizione. Vedrai che le linee di flusso attraverso la spira hanno un raggio di curvatura molto grande. La conseguenzea è che il flusso è basso. Di conseguenza un cambiamento piccolo di orientazione del magnete produce solo una piccolissima variazione del flusso (se il raggio di curvatura è grande le curve tendono ad avvicinarsi al parallelismo per cui se l'angolo non diviene grande la variazione di flusso è trascurabile e con essa la corrente indotta). Immagina ora che il magnete sia nella posizione opposta: è sempre allineato sul piano della spira ma ora è ad essa. I due poli sono dentro la spira e sul suo piano. Ai poli, il raggio di curvatura è piccolo. Ora basta uno spostamento minimo per produrre una variazione di flusso apprezzabile. Questo chiarisce perchè la traccia che osservi non sia una sinusoide. L'aver invertito la posizione del magnete che ruota a velocità costante tra le due posizioni che abbiamo preso in considerazione produce un'inversione del senso della corrente ma le due ampiezze massime sono notevolmente differenti. Le tue variazioni non avvengono tra due posizioni simmetriche e l'asimmetria implica che il tuo segnale non possa essere una sinusoide. Questo dovrebbe chiarire perchè le tracce sull'oscilloscopio hanno la forma che hanno. Le posizioni relative del segnale dal reed e della traccia del segnale misurato dovrebbero chiarirti la cosa.
Rimane da chiarire perchè il segnale diminuisca sino a sparire, apparentemente, quando l'asse di rotazione tende a divenire coassiale con il lato della spira. Quando l'asse di rotazione è divenuto coassiale ad un lato della spira tu ti sei messo in condizioni da minimizzare le variazioni di flusso. In prossimità del lato intorno a cui ruoti cambia molto poco. Le variazioni ci sono a maggiore distanza ma il valore assoluto del flusso e quindi degli effetti delle sue variazioni diminuiscono con la distanza. In sintesi, i contributi dovuti alle diverse regioni dell'area della spira non sono uniformemente distribuiti. Le aree prossime al magnete contribuiscono molto di più di quelle lontane. Quando tu riduci quasi ad azzerarli i contributi dovuti al'area prossima la magnete, ti rimangono i contributi dovuti alle aree più lontane che sono i più deboli. I contributi ci sono ma tu non hai sensibilità strumentale per vederli chiaramente. Rimangono annegati nel rumore. Tuttavia, se confronti bene la traccia dello zero che hai acquisito in condizioni di riposo con la traccia n°3 ti accorgi che un minimo di oscillazione persiste. Probabilmente l'hai vista anche tu e la hai trascurata pensando che fosse dovuta ad un non perfetto allineamento degli assi. Ma invece non è così, quello è il tuo segnale.
Poi, uno può anche guardare le cose con un approccio simile a quello che tu proponi. Nel senso che è corretto assumere che le forze agiscano direttamente sul conduttore. Per cui la sezione del conduttore più vicina alle sorgenti del campo è quella che subisce i maggiori effetti. Ma questo punto non è significativo dal punto di vista esplicativo. Le due descrizioni sono del tutto equivalenti. Quella che rimane errata è la tua conclusione che il contributo dovuto alla sezione di conduttore lontana sia nulla. E' certamente minore, dipendendo dalla geometria del sistema, ma non è mai nulla. E la tua misura, anche se il segnale è nascosto dentro il rumore lo dimostra.
E' per questo che, tornando al discorso sulle equazioni di Maxweel, ti ho detto che il problema legato all'asimmetria è un falso problema. Diviene un problema se tu attribuisci un significato fisico concreto ai concetti di campo magnetico, campo enettico, linee di flusso, correnti di spostamento e tutto quello che vuoi. Ma se realizzi che queste sono tutte astrazioni mentali che descrivono in maniera diversa la stessa cosa, cioè che sono riconducibili l'uno all'altro, ti accorgi che l'asimmetria può risiedere solo in un'interpretazione forzata delle equazioni e non nel loro significato intrinseco.

Infine un cenno all'ultimo esperimento che hai postato, che chiarisce ancor meglio le cose. In quell'esperimento il magnete è posto in prossimità della bobina. Anche in questo caso il campo non è uniforme. Ma la distanza tra il magnete e il centro della bobina non cambia significativamente durante il moto. E nemmeno cambia l'allineamento del magnete. Il risultato è che il magnete si muove solo di moto armonico, il flusso cambia periodicamente con la posizione del magnete e il risultato è che il tuo segnale approssima molto bene una sinusoide. Questo esperimento, anche seapparentemente più rudimentale, è meglio concepito. Se vuoi osservare una sinusaoide i moto del tuo magnete deve essere un moto armomico (o ad esso riconducibile) e le elongazioni del moto devono essere simmetriche rispetto all'asse di simmetria dell'esperimento.
ginos
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Re: induzione

Messaggio da ginos » 15/10/2015, 16:35

> > Come sai, io non sono in grado di *leggere* la matematica di Maxwell
> ... Dal fatto che tu fossi un informatico avevo dedotto che pur non avendo conoscenze di fisisa approfondite tu avessi comunque le conoscenze matematiche necessarie ...

vengo da economia e commercio, cominciai con le schede perforate e i pannelli di bachelite dei telefoni bianchi ... allora i "capicentri" venivano presi ovunque (ma ho sempre rifiutato il camice bianco) e ho terminato odiando il databaserelazionale, la logica formale, la Xerox (responsabile delle interfaccie) , il PC ... nonchè quelli del millennium bug :D


> Resta il fatto che se tu non sei in grado di leggere le equazioni di Maxwell allora devo tentare di proporti una descrizione a parole. Probabilmente potrei aiutarmi molto fornendoti una simulazione che evidenzi le linee di campo e le variazioni di flusso durante la rotazione.

già quel professore di cui ho trascritto (più avanti) la descrizione del formalismo dell'induzione in duplice veste, mi dimostrò la potenza dei vostri mezzi di calcolo, egli riuscì a produrre curve del tutto analoghe a quelle che mostrano l'osciloscopio (fece però qualche svarione analogo a quelli che fece pure mio cognato che le mie osservazioni evidenziarono, ovviamente con mia goduria). Il fatto è che, come dicono tutti, il formalismo *del buco* (Faraday) porta ad identi risultati a quella del filo (forza di Lorentz) ma io mi dico che forse è la forza di Lorentz che meglio consente d'immaginarsi un *modello fisico umano* del fenomeno (per la verità fino a poco termpo fa pensavo invece ad una legge di Faraday leggermete modificata, cambiare idea è umano).


> Intanto ti anticipo che, data la geometria del tuo esperimento (mi riferisco a quello in cui il magnete ruota intorno ad uno dei lati della spira) la mia intuizione originale che mi aveva fatto dire che mi aspettavo un segnale sinusoidale era scorretta. Ad un esame più attento, risulta chiaro che il segnale debba essere simile a quello che tu hai osservato.

giustissimo, dopo un po' è risultato evidente anche a me (e poi coi fatti non si discute)

> ... Le sue parole sono sostanzialmente corrette. Cerco di spiegarti meglio il concetto. Il punto è che per comprendere la teoria, e quindi le equazioni che la costituiscono, bisogna sempre tenere presente quali sono le astrazioni che il modello introduce per poter effettuare previsioni e quali sono invece i parametri che sono direttamente legati a quantità fisiche misurabili.
Dobbiamo partire dal concetto di campo.
Il campo (qualunque campo, non solo quello elettrico o magnetico o elettromgnetico ma anche, ad esempio, il campo gravitazionale o quello che preferisci) è un concetto astratto che descrive semplicemente una proprietà che viene attribuita allo spazio, in senso geometrico. Dire che esiste un campo significa solo che le proprietà dello spazio cessano di essere isotrope a causa della prensenza di qualcosa in un certo posto. Il punto in cui esiste questo qualcosa è un punto diverso da qualsiasi altro punto dello spazio. Il perchè è ovvio, quella posizione è occupata mentre tutte le altre possibili posizioni sono libere per essere occupate da altri oggetti.
Quindi, il semplice fatto di aver collocato un oggetto in un posto determina l'esistenza di un campo. Così come lo abbiamo definito è un oggetto estremamente semplice. E' un campo puntiforme. Ma è chiaro quale sia il concetto. Ora esiste un punto dello spazio che è immediatamente distinguibile da tutti gli altri punti. Io posso collocare un secondo oggetto dove mi pare ma non in quel punto specifico. Se ci provo, il secondo oggetto che cercherò di posizionare dove c'è il primo verrà respinto perchè urterà con esso. Se io invio ad esempio un pallino su una traiettoria che lo porta a collidere con il primo esso verrà deflesso, cioè cambieraà direzione il che vuol dire che subirà un'accelerazione.
Questo discorso è sicuramente estremamente semplicistico ma suggerisce quale sia il modo per poter accorgersi dell'esistenza di un campo e per misurarlo. Nel caso del campo elettrico, ad esempio, l'aver collocato una carica in una certa posizione cambia le proprietà di tutto lo spazio.

mi sembra tutto giusto, la questione è (e credo che su di esso noi due si concordi) che esiste solo il campo *elettromagnetico*

> Ogni punto dello spazio è caratterizzato ora da un vettore. Le componenti di questo vettore sono diverse in ogni punto dello spazio (indipendentemente dal sistema di riferimento adottato). Questo vettore locale è ovviamente una quantità astratta e l'insieme (infinito) di questi vettori costituisce quello che chiamo campo. In questo caso, ovviamente, stiamo parlando di un campo vettoriale. Il campo è il campo elettrico e i vettori puntuali sono i vettori campo elettrico in quel punto. Per misurare il campo in un punto posso fare solo una cosa: mettere una seconda carica in quel punto e stare a vedere cosa accade. Quello che accade è che la carica inizierà a muoversi accelerando. Se ne osservo la traiettoria nel tempo potrò misurare l'accelerazione. Dalla misura dell'accelerazione, se conosco il valore della mia carica di prova e la sua massa posso immediatamente calcolare il valore del campo in quel punto.
Questo dovrebbe chiarire un punto fondamentale. Io non posso misurare direttamente il valore del campo in quel punto. Posso solo misurarne gli effetti. Cioè posso solo misusrare quantità fisiche ben determinate. In questo caso misuro il valore della carica di prova, le diverse posizioni occupate dalla carica nel tempo e il tempo. Non posso misurare altro. Ma questa misura mi consente di calcolare il valore del campo in quel punto. Cioè mi consente di assegnare un valore fisico ad un oggetto che comunque resta una pura astrazione concettuale. L'astrazione concettuale del campo ha l'unico obiettivo di mettermi in condizione di calcolare ciò che farà la carica collocata in una certa posizione. Inoltre, mi mette in condizione di superare la difficoltà di spiegare come un oggetto posto a distanza dalla mia carica possa influenzarla senza contatto diretto. La prima carica altera le proprietà dello spazio e la seconda carica interagisce con le proprietà di questo spazio che ora cessa di essere isotropo. Poi posso trovare altre maniere per descrivere come cambiano le proprietà dello spazio. Ad esempio la curvatura dello spazio è una possibile alternativa. Anche gli effetti di polarizzazione introdotti nello spazio vuoto che tanto non ti soddisfano, giocano in fondo lo stesso ruolo: sono unicamente astrazioni mentali per razionalizzare ciò che si osserva. Un modo per poterci consentire di dominare la Natura facendo previsioni plausibili e verificabili. In fondo questo è il compito della Scienza. Razionalizzare l'Universo e consentirci di fare previsioni. Cerchiamo certamente di ottenere spiegazioni delle nostre formulazioni. Ma esiste sempre un livello fondamentale in cui dobbiamo adottare giocoforza un atteggiamento pragmatico. Qualcosa è descritta in un certo modo solo perchè la descrizione appare funzionare. Adotti provvisoriamente questo per buono ed usi la logica per fare tutte le previsioni che ne discendono. Dal punto di vista esplicativo, per quanto tu scenda in dettaglio, rimarrai sempre ad avere a che fare con qualcosa che non è ben dimostrato ne razionalmente chiaro.

tutto giusto: sono astrazioni mentali, non sono fatti fisici osservati.

> > Ma io continuai a chiedergli se questo campo elettrico davanti al magnete in movimento era stato misurato diverso da zero.
> > No, fino a quel momento non era stato misurato, ora lo si potrebbe misurare, ma nessuno ci perde tempo perchè c'è di sicuro. Cosi all'incirca mi disse.

> Anche qui, la risposta che ti è stata data è sostanzialmente corretta. In un certo senso, il campo è stato misurato. Lo hai misurato anche tu nel tuo esperimento.

infatti io avevo ben precisato che intendevo una misura del campo elettrico che non fosse quella dell'uso di un tester attaccato ad un alternatore
il risultato è uguale qualunque mano tu muova! è la scienza che parla di due robe diverse (quelle che cita anche Einstein, Feynman, ecc) ma non me lo dimostra con una *osservazione*. Figurati che mi sono preso la briga di misurare se la ddp non cambiava davvero facendo girare fili e magneti (oggi cosa facile grazie alle fotocamere velocissime a disposizione) 100 V in un caso 99 V nell'altro (differenza giusticata perchè impossibile garantire centrature e distanze identicissime)
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> Il campo non è altro che un insieme di vettori da associare ad ogni punto dello spazio che producono delle forze agenti sulle cariche esistenti accelerandole. Tu osservi una corrente nella spira e quindi la tua spira sta "osservando" l'esistenza di un campo e la rileva. Se tu volessi misurare effettivamente il campo, in senzo letterale, dovresti fare un lavoro immane. Dovresti collocare un carica in un punto dello spazio e misurare la forza esercitata su di essa durante il movimento del magnete. Quindi non un'unica misura, ma una sequenza infinita di misure negli infiniti istanti di tempo. Poi, dovresti ripetere l'operazione spostando la tua carica di prova nelle altre, infinite, possibili posizioni spaziali. Avresti alla fine un set infinito di vettori da associare ad ogni punto del tuo spazio tridimensionale continuo. Ogni misura che fai è solo una misura del valore del campo in quel punto. Ma non è il campo. Il campo è costituito dall'insieme degli infiniti vettori che dovresti misurare. Ovviamente nessuno potrà mai fare un numero di misure infinito. Quindi faresti un sacco di lavoro per avere solo un risultato approssimato per definizione. Certo, potresti interpolare i volori. Ma questo è ciò che fa l'equazione del campo. Lo fa in maniera generale e già verificata. Mi basta conoscere pochi parametri rilevanti e l'equazione mi fornisce immediatamente una funzione vettoriale delle tre coordinate spaziali che è il campo. Ecco perchè nessuno si sogna di sobbarcarsi il compito inutile di questa misura. Concettualmente è possibile. Praticamente posso procedere solo in via approssimata. Il modello fa meglio di quanto io potrei fare praticamente e tutto ciò chiude il discorso.

per la verità in ogni caso calcoleresti ciò che ti da' una spira in una certa situazione, ma le spire di una bobina sono tutte diverse e diversamente distanti dal magnete, anche tenendo fermo tutto il resto dovresti poi interpolare un casino di ipotesi. Meglio andare per tentativi. Ma qui avrei un sacco di test da farti vedere... meglio lasciare perdere.

> ... Tu fai un'osservazione che è fisicamente corretta. Tu, in pratica dici: se le uniche cariche esistenti sono gli elettroni e gli elettroni esistono solo nel conduttore perchè dovrei tirare in ballo l'area della spira e non dovrei parlare semplicemente delle forze, ad esempio la forza di Lorentz, che agiscono direttamente sugli elettroni?
> In linea di principio avresti ragione, ma ti dimentichi di un dettaglio fondamentale. Per poter calcolare la forza di Lorentz io dovrei conoscere in ogni punto il valore del campo elettrico e del campo magnetico (cioè il valore del campo elettromagnetico). Ma se tutto ciò che io conosco riguarda solo il magnete (cioè il campo magnetico da esso prodotto) il campo elettrico indotto è proprio l'incognita del mio problema. In soldoni io so solo che il moto degli elettroni lungo la spira è dato dalla somma degli effetti dei vari vettori campo elettrico lungo la spira che producono l'accelerazioni degli elettroni. Per calcolare tutto dovrei calcolare l'interale del campo indotto lungo il percorso chiuso rappresentato dalla spira (quello che si chiama circuitazione). Fortunatamente, esiste un teorema matematico dovuto a Gauss che dimostra che il valore di questo integrale si linea è uguale, ma di segno opposto, al valore della derivata temporale (la variazione istantanea) del flusso del campo magnetico attraverso la superficie.

perfetto, solo un pazzo non userebbe la strada più comoda (e non ha importanza che io non ne usi nessuna quando lavoro per davvero sugli alternatori
assiali, magari su di un altro tipo di aggeggio sono utili)

io non metto in discussione l'utilità del formulame in uso, ma il modello fisico che se ne può derivare


> Se matematicamente le due operazioni producono lo stesso risultato è ovvio e conveniente adottare quella praticabile o quella più semplice. Se io conosco il campo magnetico e so calcolare come cambia nel tempo è ovvio che utilizzo un calcolo effettuato sulla superficie della spira. Ma qualsiasi calcolo adotti, ciò non significa che stia cambiando la fisica del problema. Cambia solo la procedura di calcolo.

qui non concordo, e lo dimostrerebbe il test del magnete rotante in pos. 3, ma tu dopo mi spieghi perchè interpreto male, vedremo se mi convinci (sto commentando man mano che leggo).

> E se i calcoli sono equivalenti, come sono, la fisica è sempre la stessa. Gli elettroni sono accelerati dalla forza elettromotrice indotta sulla spira. In sintesi, come tu correttamente dici, l'azione del campo è esclusivamente un'azione sugli elettroni del conduttore e non sull'area della spira. Tutto ciò è corretto ma le equazioni non hanno mai detto cosa diversa.

allora Einstein ha perso tempo e Feynman s'è lamentato per nulla

> Ed ora andiamo al nocciolo del tuo problema. Dopo una premessa corretta tu trai una conclusione scorretta, complice un'oscilloscopio di prestazioni modeste in relazione all'intensità dei segnali che dovresti rivelare. Per prima cosa bisogna rendersi conto di come funziona la geometria del tuo esperimento. Tu hai un campo magnetico (non so quanto intenso, dato che non so nulla sul magnete che hai utilizzato) prodotto da un magnete piccolo rispetto alla spira e collocato in prossimità di uno dei lati della spira. Il risultato ovvio è che il campo magnetico sull'area della spira (o sui suoi lati se preferisci) è fortemente non omogeneo. Sei lontanissimo dal verificare le condizioni di campo magnetico uniforme. Poi, tu fai ruotare il tuo magnete, con i poli allineati ortogonalmente ad uno dei lati della spira, intorno ad uno dei lati di questa. Se ti metti in un sistema di riferimento solidale con il piano della spira ti accorgi che in realtà il moto del magnete (intendo del baricentro del magnete) è dato dalla composizione di due moti. Uno è un moto di rotazione. L'asse del tuo magnete ruota di 360° su un piano perpendicolare al piano della spira mentre l'asse del motore che lo muove ruota di 360°. Ma mentre l'asse ruota il baricentro del magnete subisce anche un moto traslazionale dall'esterno della spira verso il centro e viceversa. Questo moto traslazionale si inverte ogni 180° ed è un moto armonico. Prova a visualizzare il campo magnetico della tua calamita. Se visualizzi le linee di campo vedrai che sono delle curve che si addensano ai due poli. Ora immagina che il tuo magnete si trovi allineato sul piano della spira ma esternamente ad essa (una delle due posizioni di elongazione massima). Prova ad immaginare cosa succede alle linee di flusso che attraversano il magnete in queste condizioni quando sposti leggermente il magnete intorno alla sua posizione. Vedrai che le linee di flusso attraverso la spira hanno un raggio di curvatura molto grande. La conseguenzea è che il flusso è basso. Di conseguenza un cambiamento piccolo di orientazione del magnete produce solo una piccolissima variazione del flusso (se il raggio di curvatura è grande le curve tendono ad avvicinarsi al parallelismo per cui se l'angolo non diviene grande la variazione di flusso è trascurabile e con essa la corrente indotta).

queste questioni le ho esaminate in
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non so se concordiamo, comunque io dico sempicemente che la formulazione della legge di Faraday come esposta dal Frank delo 1963 non si sposa con l'evidenza: nel buco il campo varia anche in pos 3 ma la ddp tende a zero, quindi quella formulazione è un'approssimazione che va bene nella stragrande maggioranza dei casi ma non in questo (perchè si devono fare le considerazxioni che hai fatto anche tu, mi pare). Io ce l'ho col Frank e col modello fisico derivabile, mica con te.

Nei miei scarabocchi puoi notare, ad es, la spira che sfiora il magnete ad anello, mettila un po' di traverso (così siamo sicuri che le *ipotetiche* linee del campo sono *concatenate*) avresti ddp? no di certo (sarebbe facile fare un generatore di cc allora) e questo consente di affermare (come hai fatto anche tu) che di *taglio* e' meglio non parlare (resta però il casino degli omopolari che metterei da parte).

> Immagina ora che il magnete sia nella posizione opposta: è sempre allineato sul piano della spira ma ora è ad essa. I due poli sono dentro la spira e sul suo piano. Ai poli, il raggio di curvatura è piccolo. Ora basta uno spostamento minimo per produrre una variazione di flusso apprezzabile. Questo chiarisce perchè la traccia che osservi non sia una sinusoide. L'aver invertito la posizione del magnete che ruota a velocità costante tra le due posizioni che abbiamo preso in considerazione produce un'inversione del senso della corrente ma le due ampiezze massime sono notevolmente differenti. Le tue variazioni non avvengono tra due posizioni simmetriche e l'asimmetria implica che il tuo segnale non possa essere una sinusoide. Questo dovrebbe chiarire perchè le tracce sull'oscilloscopio hanno la forma che hanno. Le posizioni relative del segnale dal reed e della traccia del segnale misurato dovrebbero chiarirti la cosa.

si certamente, ma la storia è lunga: questo test è stato fatto perchè quel prof. diceva (o sembrava dicesse) che di la' del centro di rotazione il campo cambiava di segno (una roba inconcepibile). Il test sembrò dargli ragione buttandomi nella disperazione, ma dopo un po' il test col blak & Deker mi fece capire che la *inversione di segno* non è altro che l'onda creata da un disturbo .... ma è troppo lunga, se vuoi un'altra volta.

Poi da cosa è nata cosa. Ah, è ora che arrivi al punto: pos.3

> Rimane da chiarire perchè il segnale diminuisca sino a sparire, apparentemente, quando l'asse di rotazione tende a divenire coassiale con il lato della spira. Quando l'asse di rotazione è divenuto coassiale ad un lato della spira tu ti sei messo in condizioni da minimizzare le variazioni di flusso. In prossimità del lato intorno a cui ruoti cambia molto poco. Le variazioni ci sono a maggiore distanza ma il valore assoluto del flusso e quindi degli effetti delle sue variazioni diminuiscono con la distanza. In sintesi, i contributi dovuti alle diverse regioni dell'area della spira non sono uniformemente distribuiti. Le aree prossime al magnete contribuiscono molto di più di quelle lontane. Quando tu riduci quasi ad azzerarli i contributi dovuti al'area prossima la magnete, ti rimangono i contributi dovuti alle aree più lontane che sono i più deboli. I contributi ci sono ma tu non hai sensibilità strumentale per vederli chiaramente. Rimangono annegati nel rumore. Tuttavia, se confronti bene la traccia dello zero che hai acquisito in condizioni di riposo con la traccia n°3 ti accorgi che un minimo di oscillazione persiste. Probabilmente l'hai vista anche tu e la hai trascurata pensando che fosse dovuta ad un non perfetto allineamento degli assi.

insisto sul non perfetto allineamento

> Ma invece non è così, quello è il tuo segnale.
> Poi, uno può anche guardare le cose con un approccio simile a quello che tu proponi. Nel senso che è corretto assumere che le forze agiscano direttamente sul conduttore. Per cui la sezione del conduttore più vicina alle sorgenti del campo è quella che subisce i maggiori effetti. Ma questo punto non è significativo dal punto di vista esplicativo. Le due descrizioni sono del tutto equivalenti. Quella che rimane errata è la tua conclusione che il contributo dovuto alla sezione di conduttore lontana sia nulla. E' certamente minore, dipendendo dalla geometria del sistema, ma non è mai nulla. E la tua misura, anche se il segnale è nascosto dentro il rumore lo dimostra.

il tuo collega sosteneva che i contributi del filo lontano dal magnete erano di sergno opposto e tali compensare gli altri
Dovrei mostrarti un sacco di test dove il filo viene tenuto in posizione eccentrica per tratti di lunghezza crescente e effettivamente mentre aumentando questo *scalino* la ddp per un po' aumentava, a un certo punto cominciava a diminuire e per un po' ho pensato potesse aver ragione, egli aveva fatto dei calcoli generici che portavano a questo risultato. Fu a quel tempo che ci rompemmo in bocca cosicchè quando chiesi calcoli su casi specifici per un verifica mi ignorò. Tuttavia io mi costruii un aggeggio più sensibile e con la possibilità di aumentare molto gli *scalini* rispetto al magnete (magnete più piccolo e bobina con molti fili) e l'ipotesi, a mio parere,è stata smentita. Metto la sintesi, anche se capisco che andrebbe commentata (se non altro spero apprezzerai la buona volontà).
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> E' per questo che, tornando al discorso sulle equazioni di Maxweel, ti ho detto che il problema legato all'asimmetria è un falso problema. Diviene un problema se tu attribuisci un significato fisico concreto ai concetti di campo magnetico, campo enettico, linee di flusso, correnti di spostamento e tutto quello che vuoi. Ma se realizzi che queste sono tutte astrazioni mentali che descrivono in maniera diversa la stessa cosa, cioè che sono riconducibili l'uno all'altro, ti accorgi che l'asimmetria può risiedere solo in un'interpretazione forzata delle equazioni e non nel loro significato intrinseco.

concordo, ma se il modello fisico necessario e sufficiente se ne frega di Maxwell? Mica gli toglie il merito delle onde elettromagnetiche

> Infine un cenno all'ultimo esperimento che hai postato,

quello col blak & decker?

> che chiarisce ancor meglio le cose. In quell'esperimento il magnete è posto in prossimità della bobina. Anche in questo caso il campo non è uniforme. Ma la distanza tra il magnete e il centro della bobina non cambia significativamente durante il moto. E nemmeno cambia l'allineamento del magnete. Il risultato è che il magnete si muove solo di moto armonico, il flusso cambia periodicamente con la posizione del magnete e il risultato è che il tuo segnale approssima molto bene una sinusoide. Questo esperimento, anche seapparentemente più rudimentale, è meglio concepito. Se vuoi osservare una sinusaoide i moto del tuo magnete deve essere un moto armomico (o ad esso riconducibile) e le elongazioni del moto devono essere simmetriche rispetto all'asse di simmetria dell'esperimento.

anche a me ha chiarito tantissimo le idee (ti ho già detto prima della fantomatica *inversione di segno*) per esempio mi ha fatto capire perchè questo
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generi una sinusoide perfetta
inizialmente pareva contraddire la mia opinione che l'interazione avvenisse magnete-filo, avrebbe dovuto apparire un'onda quadra perchè per lungo tempo il filo sfiora il magnete.
perciò mi ero rassegnato a immaginare che l'interazione avvenisse col *buco* (i magneti vedono un'area un'area che effettivamente ha un andamento sinusoidale)
ma questo contrastava con le osservazioni fatte pasticciando col mio alternatore ed ero finito in crisi

Il test del blak & Deker (che vorrei rifare meglio assieme alle alre robe che mi preoccupano) mi fece capire che un qualsiasi disturbo elettromagnetico genera un'onda sinusoidale (come un sasso che cade in acqua) 20.1.2016 CAVOLATA, HO PROVATO A MARTELLARE UNA BOBINA CON UN MAGNETE VSENZA RISOLLEVARLA: NON HO VISTO BENISSIMO MA SI VEDE SOLO UNA MEZZA ONDA DA UNA PARTE DELLO ZERO (DOVREI FARE DEI TEST FATTI BENE) e che la geometria del generatore può assecondare la sinusoide (come in questo caso) oppure alterarla (come nel magnete che ruota attorno al filo, nota come anche lì c'è una cuspide quando il magnete sfiora il filo nosostante la variazione di distanza fra filo e magnete sia molto più dolce)

Ti ringrazio tantissimo per l'enorme impegno che mi hai dedicato
Credo che fra noi le divergenze siano soprastutto formali (nonostante io resti un ignorantone eretico)

Mi permetto di riproprre una delle tre domande (non l'hai commentata) che per me è fondamentale come le altre

- E’ esatta la spiegazione che mi sono data sulla inattività dei fili paralleli al movimento dei magneti? (cioè che la corrente sarebbe indotta a girare *attorno* e non *lungo* il filo)
Ultima modifica di ginos il 29/01/2016, 4:31, modificato 1 volta in totale.
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Re: induzione

Messaggio da ginos » 15/10/2015, 17:29

aggiungo per curiosità una tabella di test su spire di varie dimensioni eccitate dal medesimo rotore
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si vede benissimo che con spire avvolte in aria la correlazione migliore si ha col semperimetro della spira (quadrata)
ma tale misura dipende dall'area, perciò si può usare benissimo l'area con qualche coefficente che sistema la questione.

Se nelle formule si fa riferimento all'area immagino sia per motivi storici; sicuramente per prima cosa sono state analizzate le elettrocalamite, tutta roba avvolta attorno a cilindri di ferro e quel cerchio certamente ben caratterizza l'oggetto.
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Re: induzione

Messaggio da Aspie96 » 15/10/2015, 18:47

francesco.aliotta ha scritto:Se parliamo in Inglese la distinzione tra tu e lei sparisce da sola.

Mi sento un admin molto irresponsabile perché scrivo più OT io che tutti gli altri messi insieme.
In inglese sparisce la differenza tra tu e lei, ma ci sono altre formalità che in italiano verrebbero tradotte col dare del tu o dare del lei.
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Re: induzione

Messaggio da francesco.aliotta » 15/10/2015, 19:35

Mi sento un admin molto irresponsabile perché scrivo più OT io che tutti gli altri messi insieme.
In inglese sparisce la differenza tra tu e lei, ma ci sono altre formalità che in italiano verrebbero tradotte col dare del tu o dare del lei.

Sono d'accordo con te. Ci sono momenti dove occorre rispettare le forme. L'importante è che le persone siano sufficientemente intelligenti da comprendere qual è il momento di rispettare le forme. Io mi do del tu anche con la guardia giurata che sta all'ingresso del mio Istituto. Ma lui è sufficientemente intelligente da comprendere che i momenti e le situazioni possono essere molto differenti. Per lui io sono Franco e possiamo anche andare a prenderci insieme l'aperitivo o più semplicemente un caffè chiacchierando e cazzeggiando liberamente. Ma sa benissimo, e non ho mai avuto bisogno di dirglielo, che se viene un estraneo a cercarmi o se mi chiamano al telefono in quel momento io divento per lui il dott. Aliotta e lui diviene per me il Sig. "come si chiama". Se non fosse sufficientemente intelligente da comprendere ciò io non gli avrei mai dato del tu ne, tantomeno, ne avrei sentito la necessità.
Con gli studenti la situazione è un po' diversa. E' ovvio che loro tendono a darmi del lei. Ma se io alla fine delle mie lezioni li devo coinvolgere in laboratorio a lavorare spalla a spalla con me, trasformandoli in collaboratori ho una certa necessità di entrare in confidenza. Da un lato devo discutere di cosa ci proponiamo di fare e per me (e credo in definitiva anche per lo studente) conta molto molto di più l'entrare in una sorta di confidenza. Se lui hai il dubbio su qualcosa o se ritiene che io gli abbia detto qualcosa di scorretto o anche soltanto poco convincente non deve avere alcuna remora a dirmelo immediatamente. Questo implica che si arrivi ad una sorta di confidenza che va oltre il rapporto docente discente. Ma questo non significa che poi, sul lavoro, tutto divenga un discorso tra amici. E' ovvio che alla fine del corso o di qualunque cosa si tratti lo studente dovrà "subire" il mio giudizio. E può anche capitare che alla fine io ritenga di esprimere un giudizio negativo. Anzi accade anche se non spessisimo (se segui due o tre studenti per volta, che di partenza sono già selezionati, se statisticamente falliscono in molti la colpa può solo essere del docente). Ed è anche capitato che dopo aver finito un colloquio con un risultato negativo io sia uscito dall'aula di esami con lo studente "bollato" per andare a giocare a ping pong. Così lui si scaricava ed io gli spiegavo scherzando cosa c'era che non andava veramente nella sua preparazione di quel giorno. Devo dire che la cosa mi pare funzionare. Lui capisce e riesce anche ad apprezzare il modo in cui è stato trattato. Poi,quando torna a sostenere la prova lo fa a mente serena senza paura dell'esame o di me. Io non sono istituzionalmente un docente dato che sono pagato solo per fare ricerca. Ma quando mi capita di trasformarmi in docente credo che il mio compito debba essere quello di tirare fuori il massimo dal mio studente, spingerlo a dialogare con me anche e soprattuto contestandomi (scientificamente) e metterlo quanto più possibile a suo agio. Per ottenere ciò lui mi deve rispettare, soprattutto scientificamente (e se non ho il rispetto scientifico la colpa è solo mia) e soprattutto non mi deve temere ne sentire distante. Probabilmente, questo atteggiamento non funzionerebbe in un liceo o durante i primi anni di Università (per lo meno, mi rendo conto che potrebbe divenire problematico). Ma è ovvio che io parlo solo riferendomi alla mia situazione dove gli studenti non sono propriamente dei ragazzini e molti hanno già ricevuto almeno un'iniziale validazione del loro livello di preparazione scientifica. Loro, come ti ho detto, provano a darmi del lei. E' ovvio che si tratti di una sorta di rispetto formale o di ossequio che sentono doverosa. Ma per tirare da loro il massimo io devo eliminare ogni forma inutile di ossequio e di rispetto (ho detto ogni forma di rispetto inutile, non ogni forma in assoluto). E' ovvio che io giochi un ruolo, ma se mi porto lo studente in laboratorio a condividere con me buona parte della giornata lo devo trasformare in un collega. Io voglio che lui sia parte attiva del lavoro che facciamo. Mi annoierebbe avere davanti uno che guarda con attenzione ciò che io faccio per poi essere in grado di ripeterlo. Se è un dottorando, ad esempio, alla fine deve riuscire a staccarsi dal mio lavoro per produrre qualcosa in maniera del tutto autonoma). Quindi sia chiaro, il mio atteggiamento non è motivato da sentimenti ultra-democratici. Il mio è un atteggiamento che discende da motivazioni squisitamente egoistiche. Io devo divertirmi anche quando mi trasformo in docente. Divertirmi in ogni momento della mia vita è la mia religione. Alla fine, in genere, si diverte anche lo studente. Forse questa è una cosa buona. Ma in fondo, per me, è un effetto collaterale.
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